4 Febbraio 2022

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Il legame tra uomo e razze autoctone

ConsDABI

Nello scorso post abbiamo parlato di come l’attività di identificazione ed elencazione delle razze esistenti sia il primo passo per la gestione della biodiversità, e di come per compiere questo primo importante passo si debbano descrivere nel dettaglio tutti quei tratti caratteristici che differenziano una razza dalle altre.

Per tutte le razze che rientrano nei piani di selezione, ossia quelle razze con consistenze numeriche più elevate e che hanno una tradizione di selezione più consolidata, la descrizione ufficiale delle caratteristiche è regolamentata da apposite norme tecniche. Per tutte le altre razze l’identificazione passa attraverso la ricerca dei descrittori morfologici primari, cioè un numero limitato di caratteri che accomunano gli animali di una specifica razza e che, se rilevati sui soggetti da classificare, permettono con oggettività e velocità di attribuire un animale ad una o all’altra razza. Questi descrittori morfologici primari permettono il riconoscimento iniziale entro specie.

Nella specie asinina, ad esempio, i descrittori primari sono la taglia, il colore del mantello, altre caratteristiche sempre del mantello come la riga molina e l’iride. Nel caso della caratterizzazione dei tipi genetici autoctoni, i descrittori morfologici primari sono accompagnati da informazioni aggiuntive di natura culturale, storica, demografica e geografica, che consentono di individuare il contesto in cui i soggetti si sono sviluppati e quindi inquadrare meglio le caratteristiche della razza in questione.

Non di rado, infatti, le razze autoctone sono associate alla loro zona di origine o a un particolare tipo di allevamento, documentato spesso a fonti documentali varie (documenti ufficiali, testi o dipinti che menzionano la razza in tempi più o meno antichi, censimenti, registri di genealogia), all’utilizzo (ad esempio lavoro, traino, soma, molitura ecc.), o al tipo di attitudine produttiva (ad esempio produzione di carne, latte, uova, pelle, formaggi, lana). Concorrono alla caratterizzazione delle razze anche eventi culturali, religiosi o comunque comunitari in relazione con la razza, ad esempio fiere, sagre, palii o detti popolari.

Tutte queste informazioni testimoniano il forte legame culturale tra le razze e l’uomo, un legame che si intreccia con le tradizioni antiche delle popolazioni che vivono spesso in aree marginali che sono fatte di sistemi tradizionali di allevamento, di trasformazione e di eventi caratteristici, spesso certificate con il conferimento di marchi DOP, IGP e STG a dimostrare il forte legame che lega le eccellenze agroalimentari italiane alle razze e al territorio di origine. Su 315 prodotti DOP, IGP e STG ben 105 sono legati alle produzioni animali.

Un’importante innovazione per la caratterizzazione delle razze è l’uso dei descrittori cosiddetti molecolari attraverso lo studio dei polimorfismi del DNA dei soggetti (marcatori molecolari) che permettono di stimare la diversità entro e fra razze, trarre informazioni sull’evoluzione, la zona di origine, il modo in cui sono state domesticate e le vie di migrazione.

La descrizione molecolare è fondamentale quando per alcune razze non esiste una documentazione storica genetica o è molto limitata, oppure quando si vogliono individuare popolazioni distinte entro una stessa razza. In tali situazioni si può calcolare, attraverso i marcatori del DNA, la distanza genetica fra le popolazioni che supplisce alla limitata o nulla possibilità di informazioni storiche.

A livello mondiale, la FAO, attraverso la gestione della banca dati DAD-IS (Domestic Animal Diversity Information System), rappresenta il punto di riferimento per il monitoraggio delle risorse genetiche e della biodiversità. Delle circa 8800 razze di bestiame di 38 specie diverse nel mondo, questa banca dati ci fornisce la situazione del loro stato di rischio e una serie di altre informazioni che ci aiutano ad apprezzarne l’unicità.

Queste razze forniscono una varietà di prodotti e servizi alla popolazione mondiale e molte di loro hanno caratteristiche uniche che ne consentono l’allevamento in condizioni estreme e che possono contribuire ad affrontare le sfide legate ad esempio ai cambiamenti climatici. La reale conoscenza dello stato di rischio delle diverse razze esistenti sul pianeta è ancora una sfida, come si può vedere dal grafico e dalla tabella da cui ricaviamo che per oltre il 55% delle razze non si hanno dati.

Distribuzione delle razze in base allo stato di rischio (fonte DAD-IS FAO sett.2021)

Stato di rischio delle risorse genetiche animali