24 Gennaio 2022

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Il rapporto tra sessi alla nascita e fecondazione artificiale nel bovino

ISTITUTO LAZZARO SPALANZANI

L’espressione “auguri e figli maschi” origina dal fatto che, in passato, erano loro a cui venivano assegnati i lavori più gravosi, nonché il genere a cui spettava il compito di tramandare il cognome della famiglia. Benché questo modo di dire sia ormai desueto, esistono realtà nelle quali l’espressione, declinata nella sua connotazione “gender” sia in termini maschili che femminili, è ancor più che attuale. È il caso degli allevatori che, come spesso accade di sentirsi riferire all’Istituto Spallanzani insieme a richieste di chiarimenti, verificano,a torto o a ragione, un rapporto distorto tra i sessi dei vitelli nati da inseminazione artificiale in favore del genere maschile.

Benché la richiesta di spiegazioni legata ad aspettative imprenditoriali rispetto a questo fenomeno sia legittima, la risposta non è scontata. Per spiegare il motivo della sua complessità occorre infatti partire da alcune definizioni: nei mammiferi la presenza del cromosoma sessuale X o Y negli spermatozoi determina il sesso della prole. Il rapporto tra spermatozoi portatori dei diversi cromosomi sessuali nel liquido seminale è definito “primario”, mentre il reale rapporto tra sessi alla nascita, “secondario”.

Fin dal 1970, sono stati sperimentati diversi approcci per valutare il rapporto primario nell’eiaculato dei mammiferi sulla spinta di alcune osservazioni che farebbero ritenere che il rapporto tra i sessi alla nascita (sex ratio) possa variare da quello atteso di 1:1 tra maschio e femmina. Nonostante le reali basi di queste stesse affermazioni non siano per niente chiare, alcuni studi sembrano suggerire che fattori come l’ambiente esterno, il momento dell’inseminazione rispetto all’ovulazione e variazioni della proporzione di cromosomi X e Y negli spermatozoi possano effettivamente generare delle distorsioni della sex ratio.

Anche nei bovini, numerosi e controversi studi riportano differenze nella sex ratio alla nascita, ma i risultati sono stati spesso contestati attribuendo agli studi un numero di osservazioni troppo basso. Tra le varie, tale ipotetica alterazione è stata attribuita proprio all’uso dell’inseminazione artificiale rispetto alla monta naturale.

Dato il notevole interesse zootecnico, l’Istituto Spallanzani ha condotto uno studio della durata di 4 anni, comprendente oltre 100.000 osservazioni distribuite sulle 4 stagioni in allevamenti di razza Frisona, dal quale è effettivamente emersa una differenza significativa tra i sessi dei vitelli nati con seme commerciale congelato.

Sebbene i dati valutati statisticamente (unico strumento riconosciuto per interpretare oggettivamente i risultati ottenuti) fossero coerenti con le osservazioni degli allevatori, che riportavano una naturale distorsione in favore del genere maschile, le analisi effettuate sugli spermatozoi dei tori coinvolti nello studio non hanno evidenziato alcuna differenza nel rapporto sessuale primario rispetto al teorico 1:1.

Lo studio, che complessivamente ha valutato la qualità del materiale seminale dopo scongelamento tramite metodi computerizzati ed il reale rapporto primario tra spermatozoi attraverso la tecnica della real-time PCR, ha chiaramente dimostrato che la procedura di congelamento di per sé non influisce selettivamente sulla sopravvivenza degli spermatozoi portatori dei diversi cromosomi X o Y. Pertanto, in accordo con quanto riportato da altri autori, si può ipotizzare che la differenza tra i generi osservata sia più probabilmente ascrivibile ad eventi che si verificano dopo l’inseminazione, ma sicuramente non all’effetto del congelamento.

Per citare altre argomentazioni riscontrabili in letteratura su questa tematica, nei bovini è stato riportato un presunto effetto della dominanza sociale materna sul rapporto secondario tra sessi, la presenza di tendenze genetiche e il bilancio energetico. A tal proposito, alcuni studi effettuati negli altopiani centrali dell’Etiopia riportano che le vacche allevate durante periodi caratterizzati da criticità nell’alimentazione, come quelli caratteristici delle stagioni piovose, tendono a far nascere più femmine. Nel nostro studio, tuttavia, non abbiamo evidenziato alcuna influenza significativa della stagione sul sesso della progenie, molto probabilmente grazie alle condizioni di allevamento più uniformi che si verificano durante l’anno nei nostri allevamenti.

Nel complesso si può quindi, sottolineare come l’origine multifattoriale delle cause che portano ad un rapporto tra i sessi sbilanciato possa combinare cause ambientali, fisiologiche e gestionali per lo più attribuibili alla femmina, mentre il contributo del seme maschile, inteso come contenuto cromosomico, appaia irrilevante. Quello che appare chiaro, resta comunque l’impossibilità di implementare schemi selettivi in favore del genere desiderato che non siano strettamente basati sull’utilizzo di seme sessato attraverso le tecnologie disponibili in grado di alterarne il rapporto primario con precisione superiore al 90%.