21 Ottobre 2021

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Il valore della Biobanca

Con.S.D.A.B.I.

Negli ultimi anni si è assistito a un aumento della consapevolezza sull’importanza della conservazione e dell’utilizzo sostenibile della biodiversità, nonché della giusta ed equa condivisione dei benefici che questa comporta. Questa consapevolezza è suffragata dal fatto che la biodiversità costituisce uno dei fattori “cardine” dello sviluppo sostenibile, a livello di sostenibilità sia ambientale, che sociale, che economica.

Un ruolo fondamentale in questo senso è ricoperto dalla biobanca, una struttura generalmente senza scopo di lucro in cui si raccolgono e conservano materiale biologico e relativi dati clinici a scopo di ricerca, diagnosi e studi sulla biodiversità. Il tutto, rispettando codici di corretto utilizzo e comportamento forniti da comitati etici ed università.

Le strategie di conservazione del materiale biologico raccolto da una biobanca possono assumere forme diverse, a seconda delle esigenze e del tipo di risorse. Generalmente si distinguono due principali modalità di conservazione: “in situ” edextra situ”.

La conservazione “in situ” implica il mantenimento di animali vivi nel loro ambiente originario di produzione; conseguentemente, le popolazioni animali continuano a evolversi e a essere utilizzate per usi diversi; l’attività di conservazione “in situ” si inserisce pienamente e armonicamente nelle strategie proprie dei sistemi di produzione sostenibili.

Alcuni vantaggi della conservazione “in situ”:

  1. studio del comportamento sociale;
  2. valutazione della capacità al costruttivismo;
  3. sviluppo di fattori di resistenza a stress ambientali, malattie, ecc.;
  4. confronto fra la conservazione “in situ” ed “extra situ” in tempo reale;
  5. Valutazione dei parametri riproduttivi e produttivi in termini quanti-qualitativi.

Alcuni svantaggi della conservazione “in situ”:

  1. costi di mantenimento piuttosto elevati sia con la conservazione “in situ” (nell’azienda agricola) che quella “extra situ” (in un centro);
  2. Scarsa disponibilità degli allevatori a mantenere i tipi genetici.

La conservazione “extra situ” comprende la conservazione sia “in frigido”, sia “in vivo” in centri di ricerca,  in parchi e in zoo; quindi, in un luogo diverso da quello nel quale quella popolazione animale zootecnica si è sviluppata.

Alcuni vantaggi della conservazione “extra situ”:

  1. incremento del Ne (Numero effettivo) della popolazione;
  2. possibilità di riprodurre un soggetto, sia dopo la sua morte, sia in caso di sopravvenuti impedimenti alla normale funzionalità dell’apparato riproduttore;
  3. disponibilità di una gene bank illimitata nel tempo e nello spazio;
  4. bassi costi di gestione;
  5. possibilità di usare l’ingegneria genetica oltre ad altre biotecniche innovative;
  6. studi sul mappaggio genetico.

Alcuni svantaggi della conservazione “extra situ”:

  1. assenza di selezione ambientale;
  2.  necessità di realizzare centri specializzati per lo stoccaggio di gameti, ecc.;
  3. assenza di sviluppo di fattori di resistenza a agenti stressanti ambientali, ecc..

La Commissione sulle Risorse Genetiche per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO, 1998) ha espresso la preferenza per la conservazione “in situ”. Le motivazioni sono rintracciabili nell’opportunità che un tipo genetico autoctono antico (TGAA) ha di continuare a evolversi nel suo ambiente nativo, facendo in modo che l’adattamento, o meglio, la sua capacità al costruttivismo, continui a essere mantenuta attraverso la continua pressione di selezione da parte dell’ambiente. Quando l’ambiente cambia in uno o più aspetti, saranno selezionate naturalmente nuove basi di capacità al costruttivismo.

La conservazione “in vivo” delle risorse genetiche animali può risultare non conveniente; tale condizione si potrebbe verificare quando le produzioni ottenute non soddisfano il gusto del consumatore e le richieste di mercato.

In tale situazione un’alternativa alla perdita di variabilità genetica è la conservazione “extra situ”. La crioconservazione può riguardare tipologie diverse di materiale biologico (seme, embrioni, ovociti, DNA, ecc.) a seconda delle finalità di utilizzo.

In Italia, numerosi sono gli enti e gli istituti che conservano materiale biologico, soprattutto DNA e cellule somatiche per finalità di studio e ricerca della variabilità genetica entro e tra le razze; leggermente inferiore è il numero di enti che stoccano materiale biologico quale seme, embrioni, ovociti ecc. Allo stesso tempo risulta di notevole difficoltà rintracciare il tipo di materiale e gli enti e gli istituti che lo possiedono.

La gestione del materiale biologico crioconservato nei diversi enti e istituzioni richiede il coordinamento delle banche genetiche tramite accordi multilaterali o bilaterali. In questo contesto, è necessario risolvere alcune problematiche, come ad esempio individuare tutti i siti di stoccaggio in cui è conservato il materiale biologico, rendere fruibile tale materiale a tutti gli interessati, previa messa a punto di apposito regolamento, e ovviamente assicurare la tracciabilità di tale materiale.

In tale ambito si è in corso di realizzazione un archivio unificato e ad accesso libero nel quale far confluire le informazioni relative ai campioni biologici di razze autoctone di interesse zootecnico attualmente collezionati presso enti pubblici e privati.

Questa iniziativa, concepita come contributo alla tutela del patrimonio zootecnico nazionale, ha come obiettivi principali l’ottimizzazione degli investimenti in campionamenti, l’incentivazione della ricerca sulla biodiversità autoctona e la promozione delle collaborazioni a livello scientifico.

Negli ultimi anni il numero di biobanche è cresciuto, sia in Italia che resto del mondo, e vengono utilizzate da istituti di ricerca ed università per cui la necessità di avere luoghi sicuri in cui conservare materiale biologico va di pari passo con la qualità e l’avanzare della ricerca scientifica.