24 Marzo 2021

Home » Notizie » Benessere Animale » Acidi Grassi Omega-6

Acidi Grassi Omega-6

Associazione Italiana Allevatori

A partire dalla scoperta degli acidi grassi essenziali nel 1929, gli Omega-6 sono stati protagonisti di numerose ricerche, intensificatosi negli ultimi decenni con la scoperta dei molteplici effetti biologici originati dal rapporto tra Omega-6 e Omega-3 nell’organismo sia umano sia animale (Dunbar BS. et al, 2014; Simopoulos A.P., 2006).

Gli Omega-6 sono acidi grassi polinsaturi (PUFA-polyunsaturated fatty acids) caratterizzati dalla presenza di almeno 2 doppi legami lungo la catena carboniosa, di cui il primo localizzato al sesto carbonio conteggiando a partire dal gruppo metilico (Lunn and Theobald, 2006).

L’acido linoleico (LA), acido grasso a 18 atomi di carbonio e con 2 doppi legami (18:2), è il capostipite degli Omega-6. Il LA è considerato un acido grasso essenziale in senso stretto in quanto non può essere biosintetizzato nell’organismo ma va assunto con la dieta (Lunn and Theobald, 2006).

L’acido linoleico subisce l’azione di enzimi che lo desaturano e allungano per formare altri PUFA della serie Omega-6. Dall’attività di questi enzimi si genera come primo prodotto l’acido gamma linolenico (GLA, C18:3 n-6). Successivamente il pathway degli Omega-6 porta alla formazione di un importante acido grasso, substrato di una vasta gamma di metaboliti ossigenati reattivi, l’acido arachidonico (AA; 20:4 Omega-6) (Nelson GJ. et al, 1997).


Dall’AA si originano un’ampia varietà di eicosanoidi, alcuni sono proinfiammatori, vasocostrittivi e/o proaggreganti, come la prostaglandina E2, il trombossano A2 e il leucotriene B4. Tuttavia, altri sono antinfiammatori e antiaggreganti, come la prostaciclina, la lipoxina e gli acidi epossi-annicosatrienoici (Serhan CN., 2005; Node K. et al, 1999; Waitzberg DL et al, 2006).

Figura 1 Struttura molecolare e Via metabolica degli Omega-6

Il GLA, sintetizzato dal LA dall’enzima Δ6-desaturasi, è disponibile negli alimenti solo in ridottissime quantità, è quindi realistico pensare che non sia possibile soddisfare il fabbisogno attraverso la dieta. Sebbene GLA sia un acido grasso n-6, con proprietà pro-infiammatorie, presenta anche proprietà anti-infiammatorie perché è un potente inibitore della 5-lipossigenasi ed un soppressore del leucotriene B4; favorisce l’elasticità delle membrane cellulari e l’idratazione della cute (Horrobin, 1992).

Una elevata assunzione di Omega-6 favorisce i fattori della flogosi derivanti dall’acido arachidonico e può contribuire allo stato infiammatorio che caratterizza diverse malattie legate allo stile di vita (Simpoulos, 2002). Molte argomentazioni che suggeriscono di ridurre l’apporto di LA con la dieta si basano sull’assunzione che le malattie cardiovascolari hanno una componente infiammatoria; poiché LA viene metabolizzato ad AA, riducendo LA nella dieta si ridurrebbero i livelli di AA e quindi l’attività del processo infiammatorio (Pischon et al, 2003). Prove sperimentali sugli animali da laboratorio hanno dimostrato che quando, dopo la nascita, i piccoli assumono con la dieta Omega-6 e Omega-3 in rapporto 9:1, frequentemente da adulti sviluppano obesità, pressione alta, trigliceridi aumentati, insulina alta (Simpoulos, 2002). Studi nell’uomo hanno poi messo in evidenza come determinati livelli di PUFA Omega-6, in particolare di AA, siano associati ad una diminuzione dei livelli plasmatici di antagonisti recettoriali di IL-6 ed IL-1 che sono markers proinfiammatori (Pischon et al., 2003). Nonostante gli Omega-6 possano portare alla produzione di molecole con azione diversa, è importante tener presente che l’effetto fisiologico dipende dalla bioconversione di questi acidi grassi, dalla loro assunzione con la dieta e soprattutto dal rapporto con altri acidi grassi, come gli Omega-3 . Difatti gli effetti biologici degli Omega-6 sono ampiamente mediati dalla loro interazione con gli acidi grassi Omega-3, di cui sono antagonisti. Importante è rilevare che le vie metaboliche degli Omega 3 e 6 sono tra loro indipendenti (non si possono formare Omega 3 a partire da Omega 6 e viceversa), ma poiché gli stessi enzimi intervengono in entrambe le serie, si verificano fenomeni di competizione fra i substrati per i sistemi enzimatici (Caramia, 2002).

Figura 2 Vie metaboliche degli Omega-3 e Omega-6, azione delle desaturasi e elongasi (Nagy e Tiuca, 2017)

La dieta dell’uomo negli ultimi 100 anni si è considerevolmente modificata, dal punto di vista qualitativo vi è stato un aumento di acidi grassi saturi, del polinsaturo acido linoleico della serie Omega-6 e la concomitante riduzione di alimenti ricchi di acidi grassi della serie Omega-3. Tali cambiamenti nelle abitudini alimentari hanno modificato profondamente il rapporto fra l’assunzione di acidi grassi Omega-3 e Omega-6, il quale è passato da valori prossimi a 1:1 a valori fino a 1:20. Questi cambiamenti nella dieta, associati ad altre modifiche ambientali, sono considerate tra le maggiori cause del rapido aumento delle malattie croniche dieta-relative, incluse quelle cardiovascolari, dell’ultimo secolo (Parodi, 2004; Caramia e Ruffini, 2015).

Tabella 1. Struttura, fonti alimentari, effetti fisiologici di Acido linoleico e Acido arachidonico (Martinelli N. et al 2008; ChawengsubY. Et al 2009)

Queste osservazioni hanno portato diversi autori a suggerire di ridurre il rapporto Omega-6/Omega-3 nella dieta sino a valori molto più bassi degli attuali, aumentando da un lato il consumo di Omega-3 e diminuendo dall’altro quello degli Omega-6 (Simopoulos A.P., 2006). La Commissione Europea raccomanda, su base percentuale di energia, un’assunzione dal 4% all’8% al giorno di Omega-6 (Eurodiet Core Report, 2006).

Quindi, risulta di grande interesse produrre alimenti, e nello specifico latte e formaggi, che abbiano un corretto rapporto Omega-6/Omega-3, aderendo in tal modo agli orientamenti e al parere dell’Accademia della Nutrizione e Dietetica (2014).

A differenza di altri mammiferi, nei ruminanti i grassi ingeriti con la dieta sono modificati fortemente dal metabolismo dei batteri presenti nel rumine e una delle maggiori modifiche riguarda la bioidrogenazione degli acidi polinsaturi (Bauman e Griinari, 2003). Il latte dei ruminanti può avere quindi un buon contenuto in Omega-6, considerando che circa il 20% degli acidi grassi totali è polinsaturo (Lindmark M., 2008).

La necessità di produrre latte con un profilo lipidico (contenuto in Omega-6 e il rapporto gli Omega-3) migliorato, ha concentrato molti studi sulle modalità di incremento e aggiustamento dei valori degli acidi grassi. Una delle vie d’azione più applicata agisce sull’alimentazione delle bovine in lattazione (Borreani G. et al, 2013; Benbrook C. et al, 2018). Secondo Dewhurst, et al (2006) e Benbrook C., et al (2018) aumentando il rapporto foraggi/concentrati nella dieta tendono ad aumentare gli acidi grassi polinsaturi (Pufa), gli acidi grassi Omega-3 e a equilibrare il rapporto Omega-6/Omega-3. In particolare, queste ricerche hanno determinato come l’alimentazione a base di foraggio di leguminose produce tipicamente latte con rapporti di LA/ALA e ω-6/ω-3 totali vicino a 1, rispetto al rapporto di 5,8 per il latte di vacche alimentate in modo convenzionale e 2,3 per le aziende biologiche.

Tabella 2. Impatto di quattro diversi sistemi di gestione e alimentazione (minimo apporto di foraggi, convenzionale, biologico e esclusivo con foraggi) su ω-6/ω-3 e CLA (Benbrook C. et al, 2018).

In Italia un esplicativo esempio di gestione aziendale e alimentare dal quale è possibile avere un latte con rapporto più equilibrato di Omega-6/Omega-3, è quello definito dal disciplinare di produzione del Latte Nobile (Colavita G., 2014).

Tabella 3. Valori di alfa-tocoferolo, beta-carotene, colesterolo e rapporto Omega-6/Omega-3 in quattro tipi di latte (La Terra S. et al, 2014)

Molte aziende hanno immesso nel mercato latte con profili specifici di acidi grassi (maggiore contenuto in Omega-3, rapporto equilibrato Omega6/Omega3) tramite addizioni e modificazioni fisico-chimiche. Purtroppo, non sempre queste produzioni soddisfano la domanda del consumatore che è alla ricerca di “alimenti funzionali” prodotti con una certa naturalità.

Inoltre, con i suddetti metodi di modificazione degli Omega-6 del latte non è possibile avere una produzione stabile nel tempo né, in alcuni casi, sostenibile con l’ambiente e con il concetto di “naturalità”. Proprio per questo motivo è importante sfruttare la strada alternativa ma ancora poco studiata del miglioramento genetico. Le applicazioni della selezione genetica nella concentrazione di questa serie di acidi grassi nel latte non ha avuto molto spazio fin ora per mancanza di una consistente base di dati venire prodotta nel progetto LEO.

Bittante et al (2016), utilizzando la gas cromatografia come metodo di determinazione, hanno trovato che per il latte bovino esiste una ereditabilità del rapporto Omega-6/Omega-3 del 3,4% nella razza Bruna Italiana. Quindi esiste una variabilità genetica del carattere che possa permettere un’azione selettiva.

Una collaborazione tra l’Università di Torino (Disafa), l’Associazione regionale allevatori del Piemonte (Arap) e la ditta Foss, ha sviluppato alcune curve di calibrazione per la spettroscopia all’infrarosso, alternative alla costosa e lunga analisi gascromatografica di riferimento, che permettono di prevedere con una buona approssimazione le singole concentrazioni degli acidi grassi presenti nel latte (Borreani G. et al, 2016).

La disponibilità di determinazioni veloci e routinarie del profilo acidico del latte apre nuove prospettive per l’applicazione di appropriate teorie di determinazione di indici di selezione.

Tullo E. et al (2016) hanno stimato l’ereditabilità del contenuto di PUFA nel latte in valori dell’8% e del 14% rispettivamente nella Bruna Italiana e Frisona Italiana, riscontrando inoltre elevate correlazioni genetiche tra diversi tipi di acidi grassi (insaturi, monoinsaturi, polinsaturi), indicando che si può selezionare per la quantità di PUFA nel latte e quindi per i rapporti tra essi.

La determinazione di indici genetici specifici per il contento di acidi grassi e il rapporto Omega-6/Omega-3 può essere utile per identificare i migliori tori da selezionare al fine di migliorare la qualità del latte in termini di contenuto di grassi e grassi rapporti acidi, ottenendo produzioni che rispondano alle necessità sia del mercato sia dell’ambiente, quindi sostenibili e costanti nel tempo

Bibliografia

Bauman D.E., Griinari J.M. (2003) . Nutritional regulation of milk fat synthesis. Ann. Rev. Nutr., 23: 203-227.

Benbrook C. , Davis R.,. Heins Bradley J, Latif Maged A., Leifert C. , Peterman L, Butler G., Faergeman O., Caines S. , and Baranski M. (2018). Enhancing the fatty acid profile of milk through forage based rations, with nutrition modeling of diet outcomes. Food Sci Nutr. 2018 May; 6(3): 681–700.

Benbrook C., Butler G., Latif M. A., Leifert C., & Davis D. R. (2013). Organic production enhances milk nutritional quality by shifting fatty acid composition: United States–Wide, 18‐month study. PLoS ONE, 8(12), e82429.

Borreani G., Coppa M., Revello-Chion A., Comino L., Giaccone D., Ferlay A., Tabacco E. (2013). Effect of different feeding strategies in intensive dairy farming systems on milk fatty acid profi les, and implications on feeding costs in Italy. Journal of Dairy Science, 96: 6840-6855.

Borreani G., Coppa M., Tabacco E., Comino L., Revello-Chion L., Giaccone D. (2016). Valorizzare la filiera del latte con gli acidi grassi. L’Informatore Agrario 12-2016

Caramia G. (2002). Polyunsaturated fatty acids in childhood. Ped. Med. Chir. 24: 337-345.

Caramia G., Ruffini E. (2015). L’acido docosaesaenoico (DHA) aspetti fisiopatologici e prospettive terapeutiche. www.bambinoprogettosalute.it/si tes/default/fi les/relazione_caramia.pdf.

Chawengsub Y, Gauthier KM, Campbell WB. (2009). Role of arachidonic acid lipoxygenase metabolites in the regulation of vascular tone. Am J Physiol Heart CircPhysiol 297: H495-507.

Colavita G., Amadoro C., Mignogna R. (2014). Rapporto omega6/omega3 e GPA nel Latte Nobile in Molise. Il Modello Latte Nobile, Un’altra via è possibile, 120:130.

De Marchi, M., Penasa, M., Cecchinato, A., Mele, M., Secchiari, P., Bittante, G. (2011). Effectiveness of mid-infrared spectroscopy to predict fatty acid composition of Brown Swiss bovine milk. Animal 5:1653-1658.

Dewhurst R.J., Shingfield K.J., Lee M.R.F., Scollan N.D. (2006). Increasing the concentrations of benefi cial polyunsaturated fatty acids in milk produced by dairy cows in high-forage systems. Anim. Feed Sci. Technol., 131: 168-206.

Dunbar BSBosire RVDeckelbaum RJ.(2014). Omega 3 and omega 6 fatty acids in human and animal health: an African perspective. Elsevier, Volume 398, Issues 1–2, Pages 69-77.

Eurodiet Core Report. Available at: http://eurodiet.med.uoc.gr/ eurodietcorereport.pdf. Accessed December 20, 2008.

Horrobin D. F. (1992). Nutritional and medical importance of gamma-linoilenic acid. Prog. Lipid Res. Vol. 31, No. 2, pp. 163-194.

La Terra S., Marino V. M., Rapisarda T., Belvedere G., La Terra F., Carpino S., Licitra G.(2014). Componenti salutistiche e aromatiche del Latte Nobile dell’Appennino Campano. Il Modello Latte Nobile, Un’altra via è possibile, 110:120.

Lindmark Månsson, H. (2008). Fatty acids in bovine milk fat. Food Nutr. Res. 52:10.3402.

Lunn, J., and H. E. Theobald. (2006). The health effects of dietary unsaturated fatty acids. Nutr. Bull. 31:178–224.

Martinelli N, Girelli D, Malerba G, Guarini P, Illig T. (2008). FADS genotypes and desaturase activity estimated by the ratio of arachidonic acid to linoleic acid are associated with inflammation and coronary artery disease. Am J Clin Nutr 88: 941-949.

Nagy K, Tiuca ID. (2017). Importance of fatty acids in physiopathology of human body. Fatty acids. Chapter I. 3–22.

Nelson GJ, Schmidt PC, Bartolini G, Kelley DS, Phinney SD, Kyle D, Silbermann S, Schaefer EJ. (1997). The effect of dietary arachidonic acid on plasma lipoprotein distributions, apoproteins, blood lipid levels, and tissue fatty acid composition in humans. Lipids.;32:427– 433.

Node K, Huo Y, Ruan X, Yang B, Spiecker M, Ley K, Zeldin DC, Liao JK. (1999). Anti-inflammatory properties of cytochrome P450 epoxygenasederived eicosanoids. Science. 285:1276 –1279.

Parodi P.W. (2004). Milk fat in human nutrition. Aust. J. Dairy Technol., 59: 3-59.

Pegolo S., Cecchinato A., Casellas J., Conte G., Mele M., Schiavon S., Bittante G. (2016). Genetic and enviromental relationships of detailed milk fatty acids profile determined by gas chromatography in Brown Swiss cows. J. of dairy scienze 99.1315-1330.

Pischon T, Hankinson SE, Hotamisligil GS, Rifai N, Willett WC and Rimm EB. (2003). Habitual dietary intake of n-3 and n-6 fatty acids in relation to inflammatory markers among US men and women. Circulation. 108:155-160.

Position of Academy of Nutrition and Dietetics (2014). Dietary fatty acids and healthy adults. Journal of Academuy of Nutrition and Dietetics, 114, 1, 136-153.

Serhan CN. (2005). Lipoxins and aspirin-triggered 15-epi-lipoxins are the first lipid mediators of endogenous anti-inflammation and resolution. Prostaglandins Leukot Essent Fatty Acids. 73:141–162.

Simopolous AP. (2002). The importance of the ratio of omega-6/omega-3 essential fatty acids. Biomed Pharmacother. Oct;56(8):365-79.

Simopoulos A.P. (2006). Evolutionary aspects of diet, the omega-6/omega-3 ratio and genetic variation: nutritional implications for chronic diseases. Biomedicine & Pharmacotherapy 60 (2006) 502–507.

Tullo E., Frigo E., Rossoni A., Finocchiaro R., Serra M.,Rizzi N., Samorè A.B., Canavesi F., Strillacci G.M., Prinsen R.T.M.M and Bagnato A. (2014). Genetic Parameters of Fatty Acids in Italian Brown Swiss and Holstein Cows, Italian Journal of Animal Science, 13:3, 3208.

Waitzberg DL, Torrinhas RS, Jacintho TM. New parenteral lipid emulsions for clinical use. (2006). JPEN J Parenter Enteral Nutr.30:351-367.