24 Marzo 2021

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Acido Linoleico Coniugato (CLA)

Università della Tuscia

Il CLA è un acido grasso insaturo presente ad elevate concentrazioni solo nel latte e nelle carni dei ruminanti. Il termine CLA (conjugated linoleic acid) si riferisce ad un gruppo di isomeri geometrici e posizionali dell’acido linoleico, caratterizzati dalla presenza di doppi legami coniugati (due doppi legami separati da un legame singolo). In natura esistono diversi isomeri dell’acido linoleico (Sehat et al., 1999), quelli finora identificati e caratterizzati nel latte sono: 7-9, 9-11, 10- 12, 11-13, 12-14 e la loro geometria può essere cis-cis, cis-trans, trans-cis e trans-trans, l’isomero maggiormente rappresentato nel latte è l’acido rumenico (C18:2 cis-9,trans-11). Per quanto riguarda il contenuto di CLA nel grasso del latte, le due principali vie metaboliche di sintesi sono, a livello ruminale, la produzione di questi isomeri a partire dagli acidi linoleico ed alfa linolenico contenuti nella dieta e, a livello mammario, l’attività dell’enzima ∆9 desaturasi. L’alimentazione gioca un ruolo essenziale nel favorire o meno i processi di sintesi di CLA che avvengono nel rumine. Numerosi studi hanno dimostrato che diete basate prevalentemente sul pascolo o sull’impiego di erba fresca determinano un maggiore contenuto di CLA nel grasso del latte rispetto a diete a base di fieno e/o insilati (Bailoni et al., 2005; Cabiddu et al., 2005). A condizionare il profilo acidico del latte sono anche la quantità dei concentrati e la composizione di lipidi presenti nella razione (Cabiddu et al., 2005; Shingfield et al., 2008). Nel foraggio fresco, il principale acido grasso presente è l’acido alfa-linolenico (cis9 cis12 cis15 C18: 3) che a livello ruminale viene idrogenato ad acido stearico, ma poichè la bioidrogenazione nel rumine non è mai completa, nel latte viene trasferita una quota di alfa linolenico, di acido vaccelenico (trans11 cis15 C18: 2) e di acido vaccenico (trans11 C18: 1) che per effetto della desaturazione nel tessuto mammario viene convertito in CLA. La concentrazione di CLA nel latte è influenzata anche dallo stadio vegetativo del foraggio, i foraggi tagliati precocemente e dei primi tagli hanno una maggiore quantità di acidi grassi polinsaturi rispetto a foraggi più maturi o di tagli successivi e quindi la quota di questi acidi grassi trasferita nel latte aumenta (Chouinard et al., 1998). Inoltre, il livello di CLA nel latte è più elevato in primavera ed in autunno e più basso durante le altre stagioni (Mele e Banni, 2010). Anche le specie floristiche presenti nel pascolo e l’altitudine a cui esso si trova, possono influenzare la presenza di acidi grassi polinsaturi nel latte. Collomb et al. (2002) hanno individuato ben 3 specie botaniche Leodontus hispidus, Lotus corniculatus, Trifolium pratense che favoriscono la produzione di CLA e di acidi grassi polinsaturi. Il foraggio essiccato, rispetto a quello fresco, a causa dei fenomeni ossidativi (a carico degli acidi grassi), che iniziano subito dopo il taglio in campo e procedono fortemente durante la fase di essiccazione, contiene una minor quota di acidi grassi polinsaturi. Inoltre, durante l’affienamento si può perdere una quota di foglie che rappresentano la parte della pianta più ricca in acidi grassi. La quantità di acidi grassi polinsaturi diminuisce ulteriormente se il foraggio viene sottoposto all’insilamento, poiché durante questo processo i fenomeni ossidativi sono maggiori (Chilliard et al., 2007).

In letteratura è stato osservato che è possibile attraverso alcune strategie alimentari (ad esempio l’utilizzo di particolari alimenti e/o supplementi) modificare il profilo acidico del grasso del latte favorendo un arricchimento di alcune componenti interessanti dal punto di vista nutrizionale come i CLA, senza modificare le caratteristiche tipiche del prodotto. Tecniche di allevamento che utilizzano principalmente il pascolo (sistemi estensivi, biologici, la monticazione estiva ecc.) grazie alla presenza nelle essenze fresche dei precursori del CLA, consentono di ottenere un latte con un maggior contenuto di CLA; anche integrazioni nella dieta di alimenti ricchi in acidi grassi polinsaturi come semi di soia e lino o alcune tipologie di alghe si sono dimostrate efficaci nell’aumentare sia il livello di CLA che quello degli acidi grassi polinsaturi (Chouinard et al., 1997a;b; Cutrignelli et al. 2005; Shingfield et al., 2005).

Diverse ricerche hanno evidenziato valori molto variabili di CLA in latti e formaggi prodotti con latti di diversa origine e di diverse specie e razze. Il latte ed il formaggio di pecora è quello che ha i più alti valori di CLA, questo sia per l’accesso al pascolo per gran parte dell’anno e sia per le caratteristiche genetiche intrinseche all’animale (Buccioni et al., 2010). Nella bufala, Bergamo et al. (2003) riportano maggiori concentrazioni di CLA e di acido vaccenico nel latte di animali allevati al pascolo rispetto a quello proveniente da soggetti in stalla, mentre Secchiari et al. (2004), in un confronto tra bufale alimentate con foraggio fresco rispetto al fieno, hanno rilevato nel latte delle prime livelli più elevati di acido linoleico, acido linolenico e CLA e più bassi di acido miristico e palmitico. Anche fra i formaggi di latte vaccino il pascolo è il fattore principale degli alti livelli di CLA. I formaggi prodotti con latte derivanti da animali che hanno pascolato in collina o montagna evidenziano livelli di CLA più alti rispetto a quelli prodotti con latte di animali che ricevono una dieta a base di foraggi secchi e/o insilati e concentrati. In letteratura è riportato anche un effetto della razza sul contenuto di CLA nel latte sia per le vacche sia per le pecore. Lawless et al. (1999) e White et al. (2001) riportano che esistono delle differenze nella composizione del grasso del latte fra bovine di razza Frisona e Jersey, e il latte dalla razza Montbeliard è caratterizzato da un maggiore contenuto di CLA rispetto alla Frisona Italiana. Anche per gli ovini da latte è possibile osservare delle differenze fra razze, anche se i lavori pubblicati sono molto meno numerosi: la Garfagnina e la Massese sembrano essere migliori produttrici di acidi rumenico rispetto alla Sarda, probabilmente a causa di una maggiore efficienza della ∆9 desaturasi nel tessuto mammario (Secchiari et al., 2002).

Figura 1. Livelli intracellulari della attività di glutatione perossidasi (GPx1) (A), glutatione reduttasi (GR) (B), glutatione-s-transferasi (GST) (C) and superossido dismutasi (SOD) (D) in cellule BME-UV1 after 48 ore dalla aggiunta di acido linoleico coniugato (CLA). (A,B = P < 0.01; a,b = P < 0.05). CLA mix = 50% / 50% trans10-cis12 (Basisricò et al., 2015)

In questi ultimi anni di ricerche si sta evidenziando come i CLA influiscono su diversi aspetti della salute umana, quali l’obesità, la carcinogenesi, i disturbi cardiovascolari, la funzione immunitaria, l’insulino-resistenza e il diabete (Pariza et al., 2001). L’acido rumenico è l’isomero biologicamente più attivo poiché dotato di potere di inibizione della carcinogenesi, di azione immunomodulante e anti-aterosclerotica in animali da laboratorio (Sehat et al., 1999). Insieme al CLA cis9,trans11 particolare attenzione è stata, ed è tutt’ora, rivolta verso l’isomero trans10,cis12 coinvolto nel metabolismo dei lipidi, ed ha dimostrato la capacità di ridurre il grasso corporeo in topi (DeLany et al., 1999) e nell’uomo (Blankson et al., 2000). In molti casi, sia in ambito animale sia umano, le proprietà regolatrici e inibitrici dei CLA, sull’insorgenza di diverse patologie, sono state relazionate al fatto che queste molecole possano regolare i processi infiammatori e ossidativi. Alcuni studi hanno evidenziato effetti protettivi del CLA contro lo stress ossidativo (Figura 1), la perossidazione lipidica (Figura 2) e l’infiammazione (Figura 3) in colture cellulari (Arab et al., 2006; Basiricò et al., 2015; Dipasquale et al., 2018) e in modelli animali (Andreoli et al., 2010; Chinnadurai et al., 2013). Sulla base di questi effetti positivi indotti dal consumo di tali acidi grassi e dal momento che la principale fonte di CLA nell’alimentazione occidentale deriva dal latte e dai prodotti lattiero-caseari, numerosi tentativi sono stati fatti e sono tuttora in corso per elevare il contenuto di CLA nei prodotti lattiero-caseari. Infatti, in questi ultimi anni il consumatore dimostra grande attenzione alla qualità nutrizionale degli alimenti ed ai contenuti di specifici nutrienti. Maggiore è sempre la richiesta di alimenti arricchiti naturalmente in sostanze funzionali ed il CLA rientra fra queste sostanze.

Figure 2. Produzione intracellulare di specie reattive dell’ossigeno (ROS) (A) e di sostenze reattive all’acido barbiturico (TBARS) (B) in cellute BME-UV1 dopo 48 ore dalla aggiunta di acido linoleico coniugato (CLA). (A,B = P < 0.01; a,b = P < 0.05). CLA mix = 50% cis9-trans11 / 50% trans10-cis12 (Basiricò et al., 2015)

In tal senso, è importante utilizzare le nuove metodiche di analisi come la spettroscopia a vicino infrarosso (NIR), in grado di fornire una valutazione accurata e rapida del profilo acidico dei grassi del latte, per la determinazione dei CLA nel latte, consentendo di ottenere informazioni non solo sulla qualità nutrizionale ma anche sul valore nutraceutico dei prodotti lattiero-caseari, che rispondono al bisogno di un consumatore sempre più attento alla salute.

Figura 3. Espressione genica RNA messaggero) del tumor necrosis factor-α (TNF-α; A), della interleuchina-1β (IL-1β; B), della interleuchina-6 (IL-6; C) e della interleuchina-10 (IL-10; D) in cellule di ghiandola mmammaria (BME-UV1) doppo 48 ore dalla aggiunta ddegli acidi grassi, e dopo 3 ore dal trattamento delle cellule con lipopolisaccaridi (20 μM). (a,c P < 0.05; A,E P < 0.01). CLA c9,t11 = acido linolenico coniugato cis9-trans11; CLA t10,c12 = acido linolenico coniugato trans10-cis12; aLnA = acido α-linolenico; gLnA = acido γ-linolenico; LnA = acido linoleico (Dipasquale et al., 2018).

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