a cura di: Associazione Italiana Allevatori
Le razze caprine rustiche autoctone del Centro-Sud Italia sono, negli ultimi anni, alla ricerca di nuovi spazi d’interesse. Al di là delle politiche di valorizzazione, recupero e tutela implementabili nei singoli territori regionali, anche con il supporto delle istituzioni locali e nell’ambito dei PSR, è importante sottolineare che una certa “visibilità” al grande pubblico scaturisce dalla partecipazione, in vetrine o concorsi, di soggetti rappresentativi del lavoro fatto da allevatori spinti spesso dalla volontà di non disperdere razze antiche, radicate nella cultura rurale.
E’ stato questo il caso, di recente, nell’ambito della seconda edizione di “CampaniAlleva” Expo svoltasi a Benevento nella primavera 2024 – manifestazione organizzata dall’Associazione Allevatori Campania e Molise in collaborazione con l’A.I.A. e diversi Enti Selezionatori aderenti a FedANA – della Capra di Potenza: grande interesse, nell’ambito della locale vetrina della biodiversità, da parte del pubblico e dei numerosi rappresentanti istituzionali che hanno visitato la rassegna, ma l’occasione è utile per fare un quadro sulle razze caprine del territorio, ed in particolare su un’altra capra rappresentativa della Basilicata, denominata “Facciuta lucana”, da non condonfere quindi proprio con la Capra di Potenza.
Dalle informazioni fornite dall’Asso.Na.Pa. (Associazione Nazionale della Pastorizia), si ricava che la “Facciuta lucana” ha origini piuttosto incerte, derivando ipoteticamente da una serie di successivi incroci tra popolazioni locali ed altri capi delle razze Garganica, Alpina e Maltese. Una fonte attendibile, il professor Luigi Croce, agronomo napoletano molto attivo negli anni ’20 del secolo scorso (a lui, ad esempio, si deve l’introduzione in Basilicata, a Piano del Conte, in un’azienda agricola modelllo, di alcuni capi della razza equina del Cavallo Haflinger acquistati ad Avelengo, in provincia di Bolzano), riferiva che nel 1930, nell’Italia meridionale erano allevate tre razze di capre: la “Manarola”, la capra comune e l’incrocio tra quest’ultima e becchi di razza Maltese. In realtà, allo stato attuale, le capre “facciute” allevate oggi in Basilicata possono essere ricondotte alla popolazione “Manarola”. Nel territorio lucano, sono ora conservati capi di “Facciuta lucana” in allevamenti ricadenti nei comuni di Gorgoglione, Accettura, San Mauro Forte, Stigliano e Montalbano Jonico (tutti in provincia di Matera).
Dopo questa necessaria premessa di natura storica, passando ai caratteri tipici della “Facciuta lucana”, si evidenzia che la taglia è medio-grande, di forma triangolare, allungata e ben proporzionata. La testa presenta un profilo fronto-nasale rettilineo, due strisce chiare (dette ‘frise’) in corrispondenza della faccia ed all’altezza degli occhi. Le orecchie sono grandi e pendenti, bianche o beige. Nella maggior parte dei soggetti, sia maschi che femmine, le corna non compaiono, ma se presenti sono di tipo “a falcetta”. La barba, anch’essa eventuale, si presenta per entrambi i generi in forma di un ciuffo di peli arruffati nella zona frontale. Il collo è lungo e sottile nella femmina, lungo e robusto nel maschio; le caratteristiche tettole sotto al muso, comuni con molte altre capre, non sempre sono presenti. Il tronco è lungo, con torace e addome di media larghezza, linea dorsale rettilinea; gli arti, lunghi e robusti, si adattano bene a terreni accidentati (tipici nella zona di allevamento sono i “calanchi” presenti soprattutto nella riserva regionale di Montalbano Jonico) e alla macchia. Il mantello si presenta nero e lungo con riflessi rossicci; le estremità degli arti sono chiare (bianche o beige chiaro) così come la zona perianale; nei soggetti femminili la mammella è ben sviluppata, armonica con attacco ben solido ed ampia base, con capezzoli ben conformati. Per i caratteri biometrici, tali da poter far affermare che la “Facciuta lucana” è sicuramente una ”gran capra”, rileva che l’altezza al garrese nel becco adulto va da un minimo di 70 ad un massimo di 82 centimetri, mentre nella femmina va da un minimo di 64 ad un massimo di 73 centimetri; il peso vivo oscilla tra 50 e 74 chili nel maschio adulto e tra 41 e 64 chili nella femmina adulta.

Per quel che concerne i caratteri produttivi, l’allevamento di queste capre è indirizzato soprattutto per la produzione di latte, dal quale si ottengono formaggi di elevata qualità, ma anche per l’attitudine produttiva carne, data l’elevata frequenza di gemellarità, non rari neanche i parti trigemini. Dal latte si ottengono diversi formaggi: primo tra tutti il Canestrato di Moliterno, prodotto che ha ottenuto il marchio europeo di Indicazione Geografica Protetta (IGP), che prevede da disciplinare l’aggiunta del 10-30 % di latte caprino crudo, il Cacioricotta, il Gran Caprino Casiello, la ricotta, il caprino erborinato a crosta fiorita, la caciotta a siero vegetale e il Padraccio (tipico della zona del Parco del Pollino). I capretti solitamente vengono venduti all’età di circa 60 giorni, con un peso di 10-12 chili ed una resa alla macellazione del 59%. Per quanto riguarda le tecniche di allevamento e gestione, si tratta di un animale rustico e resistente a molte patologie, incluse quelle podali, che è allevato per la maggior parte dell’anno, da metà marzo fino a metà novembre, allo stato semibrado. Da novembre a marzo, a causa delle basse temperature spesso registrate della zona d’allevamento e alla carenza di essenze erbacee, questi caprini vengono ricoverati in stalla ed alimentati con foraggi affienati e mangimi. La gestione della razza è orientata nella direzione della conservazione delle doti di rusticità e adattabilità, che fanno della “Facciuta lucana” una indubbia rappresentante della biodiversità animale di interesse zootecnico della Basilicata, regione dalle piccole dimensioni ma significativa nel panorama allevatoriale del meridione d’Italia.
Le immagini allegate a questa nota sono state fornite dal dott. Salvatore Schembri, referente per le razze di caprine dell’Asso.Na.Pa. (direzione@assonapa.it).