a cura di: Associazione Italiana Allevatori
Nel nostro Paese, soprattutto a ridosso dei periodi “canonici” di vacanza, in primis quelle estive, si rianima il dibattito sulla promozione di forme di turismo sostenibile. Mentre nelle grandi città, e nelle città d’arte, si studiano soluzioni per porre argine al fenomeno del cosiddetto overtourism (iperturismo) o, più banalmente, limitare la “malamovida”, specialmente notturna, cresce l’interesse per il turismo in aree marginali e rurali, con forme di abbinamento tra il relax e la scoperta (o riscoperta) di veri e propri tesori dell’enogastronomia locale. In questo quadro, un ruolo lo ha anche la presenza dell’allevamento di razze zootecniche autoctone che fanno del connubio con i rispettivi territori un punto di forza e di attrattività. È interessante, ad esempio, in Toscana, la zona della Lunigiana, in provincia di Massa Carrara, dove insiste la popolazione della pecora di razza Zerasca, la cui produzione tipica, l’agnello (Agnello di Zeri), è anche presidio Slow Food. Dalle norme tecniche dei programmi genetici ovini, di fonte Asso.Na.Pa. (Associazione Nazionale della Pastorizia) si può trarre lo standard della razza Zerasca, oltre ad una descrizione di questa popolazione ovina autoctona. Che sia in passato esistita solo in questa zona della Toscana settentrionale non è del tutto accertabile: quel che è sicuro, è che deriva da un ceppo appenninico, rimasto isolato per molto tempo, anche a causa della particolare posizione e conformazione della sua area di allevamento. Solo dal secondo dopoguerra, poi, la Zerasca è stata oggetto di incroci con altre razze, in particolare con la più diffusa Massese, presente anche nel Centro Genetico Asso.Na.Pa. di Asciano (Siena) e facilmente riconoscibile per il vello completamente scuro. La Zerasca, attualmente allevata nel territorio del Comune di Zeri in provincia di Massa Carrara e nelle zone confinanti del Pontremolese nonché in Liguria (a proposito di turismo, parliamo di un’area confinante con l’entroterra spezzino, e quindi vale la pena di “sconfinare” alla scoperta dell’incantevole Parco delle Cinque Terre), è una razza molto rustica ed è allevata principalmente per la produzione di carne. La facilità di allevamento si abbina anche alle sue ridotte esigenze alimentari, essendo quasi esclusivamente al pascolo con una integrazione minima di fieno quando la stagione invernale è particolarmente rigida. Le consistenze, aggiornate al 2024, danno un totale di 17 allevamenti, con una presenza di circa 590 femmine adulte, 35 maschi adulti (tutti iscritti a Registro Anagrafico), mentre le femmine iscritte sono 331. In totale i capi sono 632, di cui 347 iscritti. Venendo ai caratteri tipici della popolazione, la Zerasca è un ovino di taglia media, con testa leggera e proporzionata avente profilo superiore rettilineo ed orecchie non molto grandi e leggermente pendenti. Il collo è di media lunghezza, mentre il tronco è relativamente lungo, con altezza al garrese quasi uguale a quella della groppa, che è ben sviluppata sia in larghezza che in lunghezza. L’apparato mammario presenta mammella piccola e ben attaccata al corpo. Gli arti sono solidi e dritti; il vello è bianco e, da standard di razza, sono ammesse pigmentazioni grigie o rossastre sul muso e sugli arti. Restando nei caratteri biometrici, tra i più significativi troviamo un’altezza al garrese nelle femmine primipare pari a 72 cm, mentre nelle pluripare è di 75 cm. Il peso medio è di 39 kg nelle primipare e di 62 kg nelle pluripare. Le pecore zerasche possono raggiungere i tre parti in due anni, la gemellarità non è molto alta, e sono abbastanza precoci al primo parto (un anno o poco più).

Un’altra razza interessante, sempre probabilmente derivante dal ceppo appenninico, ma differenziatasi per la colorazione del vello e della cute che la fanno somigliare ancor di più alla Massese, è la pecora Garfagnina Bianca. Oltre che nelle province toscane di Massa Carrara, Pistoia e Livorno, un tempo era diffusa in un’area più vasta che ricomprendeva anche le province emiliane (Modena, Bologna e Ferrara). Attualmente, i capi allevati sono distribuiti in pochi allevamenti della Toscana (Lucca) e in un allevamento gestito dai Carabinieri Forestali in Abruzzo, in provincia di L’Aquila. In totale, seguendo le consistenze regionali aggiornate al 2024, si parla di 27 allevamenti, con 1.457 capi, di cui iscritti 1.279, tra maschi e femmine. Il tipo di allevamento è stanziale, dislocato prevalentemente in zone collinari o montuose. Tra i caratteri tipici della popolazione, la Garfagnina Bianca risulta di taglia piccola, con testa leggera, profilo rettilineo o leggermente montonino, con sfumature rossastre. Le orecchie sono corte e strette, portate orizzontali; il collo e di media lunghezza, ben attaccato, il tronco è corto e ben proporzionato ma con diametri trasversi modesti, mentre le corna sono presenti sia nei soggetti maschi che nelle femmine. Gli arti sono solidi e di media lunghezza, il vello è bianco, aperto con bioccoli molto corti. Ne risulta un prodotto lana di scarsa qualità, motivo per il quale la tosatura viene effettua solamente per recare beneficio agli animali. Una volta tosate, si apprezza la pelle rosea, così come rosee sono le mucose. Tra i caratteri biometrici e riproduttivi, si registra un’altezza media al garrese nei maschi di 65-70 cm, e di 60-65 cm nelle femmine, dalle quali si ottengono due parti nell’arco di 14-15 mesi, con un tasso di gemellarità molto basso. A differenza della Zerasca, la Garfagnina Bianca è a preminente attitudine lattifera, anche se le indicazioni dell’Ente Selezionatore tenutario del Libro Genealogico della razza vanno verso una ricerca di maggior prolificità mirata ad una più elevata produzione di carne.
