a cura di: Associazione Italiana Allevatori
Di “sostenibilità” in zootecnia si parla molto, in diversi contesti si arricchisce un dibattito a tratti eccessivamente “teorico” e, purtroppo, ricco di imprecisioni e luoghi comuni. L’ovinicoltura italiana sale alle cronache ultimamamente a causa di una crisi di lunga durata, che ha visto nell’arco di alcuni decenni l’impoverimento numerico di ovili e greggi, con in più l’elemento della crescente piaga delle predazioni, favorite dal sovrannumero di quelli che da sempre sono gli “antagonisti naturali” degli ovini, ovvero lupi e canidi inselvatichiti.
Al di là di questi aspetti riferibili per lo più alla “cronaca nera”, va sottolineato che anche grazie alla passione e alla forte volontà degli allevatori in molte parti d’Italia si sono sviluppate azioni adatte a dimostrare “concretamente” la sostenibilità ed il valore dell’allevamento nazionale, ultimamente amplificato dal rilancio del tema della transumanza, antica pratica allevatoriale e pastorale riemersa nel dibattito dal momento in cui è stata dichiarata patrimonio culturale immateriale dell’Umanità in sede Unesco.
E quindi, quando si parla di alcune razze simbolo della nostra biodiversità, calza a pennello l’idea che “piccolo è bello”, ma è anche sostenibile.
E’ ciò che si è voluto dimostrare in Lombardia, in particolare in Valtellina, in una serie di eventi a corollario del convegno finale del progetto “Val3Ciuta”, tenutosi verso la fine dello scorso febbraio presso la sede della Associazione Regionale Allevatori della Lombardia-Aral a Sondrio. L’evento del convegno ha visto una folta partecipazione di allevatori e “stakeholder”, ed il tema della valorizzazione della Pecora Ciuta, ovino tipico della zona valtellinese, ha registrato un buon successo.Tra i relatori, oltre al vicedirettore dell’Aral Gianmario Tramanzoli, anche numerosi esperti dell’Università di Milano che hanno illustrato la triplice ipotesi di valorizzazione della pecora di razza Ciuta, a partire dall’attitudine carne, esaltata con gustosissimi prodotti della tradizione locale. Importante anche la valorizzazione del latte, da tener presente fin dalla delicata fase della mungitura, per finire con il recupero della risorsa lana. Il lavoro di collaborazione al progetto “Val3Ciuta” da parte dell’Associazione regionale allevatori lombarda è consistito, in particolare, in analisi dei campioni di latte associato ad una dettagliata reportistica. La sostenibilità della Ciuta è stata anche “toccata con mano” attraverso la visita effettuata presso l’allevamento “La Pecora Nera” di Morbegno, in provincia di Sondrio.
Per quanto riguarda le specifiche più propriamente tecniche su questa razza italiana, ci rifacciamo allo standard adottato dall’Ente selezionatore Asso.Na.Pa. (Associazione Nazionale della Pastorizia): la Ciuta è definita a prevalente attitudine alla produzione di carne, risultando una pecora semplice da mantenere, resistente e di lunga durata. Poche sono le informazioni ufficiali sulla razza: ad esempio, sull’atlante Cnr del 1983 la Ciuta viene definita come una popolazione ovina autoctona con probabili origini comuni con la Ciavenasca, ed è di proveneinza della provincia di Sondrio. Il termine “Ciuta” significa, nella lingua romancia, parlata in Svizzera, nel Cantone dei Grigioni, “piccola pecora” e l’area di allevamento di questa popolazione ovina è un’isola linguistica lombardo-alpina, di transizione al romancio. Per caratteristiche e diffusione, si può ritenere la più piccola razza di pecore dell’arco Alpino. Viene allevata in aziende molto dimensionate, al pascolo in ambienti difficili, sfruttando pascoli poveri e scoscesi ad altezze che vanno dagli 800 ai 2.700 metri di altitudine. Viene effettuata un’integrazione alimentare invernale (per due o tre mesi) con un po’ di fieno e foglie secche. Tra i caratteri tipici della popolazione si evidenzia la taglia piccola, con testa tozza a profilo pressoché rettilineo; le orecchie sono di media lunghezza, portate orizzontalmente. Si ha la presenza di corna in entrambi i sessi. Il tronco è corto, tondeggiante, voluminoso nella regione addominale. Il vello è bianco-paglierino, semiaperto, formato da bioccoli corti. Per i caratteri biometrici, si segnala una altezza media al garrese nei maschi adulti di 45-50 centimetri, nelle femmine adulte di 40-45 centimetri; un peso medio nei maschi adulti di 35-40 chilogrammi, nelle femmine adulte di 30-35 chilogrammi. Per quanto riguarda i caratteri produttivi, la razza è utilizzata, come detto, prevalentemente per la produzione di carne che si ottiene da agnelli macellati ad un peso di 12-15 kg. Il latte è destinato esclusivamente per l’alimentazione dell’agnello. La produzione annuale di lana per capo è di circa 1 kg. Aprendo un inciso, essendo considerato un prodotto di qualità non eccelsa, le azioni per la valorizzazione della lana sono state efficacemente testimoniate in una esposizione di filati e prodotto grezzo e semi lavorato proprio nell’ambito dell’evento di presentazione del convegno finale del progetto “Val3Ciuta”.
Per quanto riguarda la riproduzione, dalla Pecora Ciuta si ottengono tre parti in due anni, con un tasso di gemellarità molto basso. In conclusione, sempre rifacendosi allo standard Asso.Na.Pa., i difetti di tipo zoognostico che precludono l’iscrizione al Registro sono:- ernia ombelicale; – difetti di dentizione, prognatismo; – criptorchidismo anche monolaterale; – ermafroditismo. Comportano inoltre l’esclusione dal Registro Anagrafico tutte le ulteriori anomalie di riconosciuta base ereditaria.
Le immagini allegate a questa nota sono per gentile concessione dell’Asso.Na.Pa. (direzione@assonapa.it) e dell’Ara Lombardia (g.tramanzoli@aral.lom.it).