a cura di: Istituto Sperimentale Italiano Lazzaro Spallanzani, Loc. La Quercia, 26027, Rivolta d’Adda (CR), Italy
L’inseminazione artificiale con seme crioconservato offre indubbi vantaggi nella diffusione su larga scala di gameti con una genetica superiore. Tuttavia, la crioconservazione può arrecare impatti negativi sulle caratteristiche degli spermatozoi. Durante questo processo, gli spermatozoi sono soggetti a stress ossidativi e osmotici, che possono causare danni sia strutturali che funzionali a livello delle membrane cellulari e del DNA. Questi danni influenzano la sopravvivenza e la capacità fecondante degli spermatozoi, riducendo il loro potenziale di successo nell’inseminazione artificiale.
La vulnerabilità degli spermatozoi alla crioconservazione ha stimolato la ricerca di marcatori genetici capaci di predire la loro capacità di sopportare gli stress associati alla conservazione a basse temperature. Grazie all’utilizzo di diverse tecnologie OMICHE, sono stati individuati potenziali marcatori predittivi della capacità di congelamento del seme nelle principali specie di interesse zootecnico (Khan et al., 2021). Questi marcatori potrebbero rivoluzionare le pratiche di selezione, consentendo una migliore gestione genetica tramite l’ottimizzazione dell’efficienza riproduttiva nei programmi di allevamento.
Nel contesto della specie suina, nonostante i significativi progressi nelle tecniche di crioconservazione, l’utilizzo del seme di verro congelato nell’inseminazione artificiale rimane limitato a causa della sua scarsa qualità post-scongelamento. Una delle sfide principali consiste nell’ottenere una percentuale di spermatozoi vitali dopo il congelamento che possa garantire una fertilità ottimale. Pertanto, si stanno intensificando gli studi sull’espressione genica, focalizzati sull’importanza dei geni associati ai parametri di qualità degli spermatozoi di verro, come la motilità, l’integrità delle membrane cellulari e mitocondriali, e l’integrità strutturale del DNA.
In questo contesto, l’Istituto Spallanzani ha condotto un’indagine nell’ambito del progetto LEO al fine di verificare, in regioni specifiche del DNA degli spermatozoi, alcuni SNP (Single Nucleotide Polymorphisms) che da studi precedenti risultavano implicati in una differente criotolleranza del seme di verro: MAP3K20, RAB3C, FBXO16, PLBD1, SCLT1, MS4A2, PRICKLE1, EML6, ROBO1, OXSR1 (Mankowska et al., 2020). Lo studio, svolto in collaborazione con l’Associazione Nazionale Allevatori Suini (ANAS), ha interessato 41 verri e per ciascun verro sono stati utilizzati 3 eiaculati al fine di determinare la percentuale di motilità totale (MT) e la percentuale di integrità della membrana (IM) pre e post congelamento. I livelli di congelabilità alto e medio-basso sono stati quindi stimati calcolando la percentuale di spermatozoi vitali (PSV), utilizzando il valore più basso tra MT e IM. Tutti gli eiaculati di ciascun verro hanno mostrato lo stesso livello di congelabilità, pertanto, è stato possibile definire il livello di congelabilità del seme per verro. La congelabilità del seme è stata definita elevata se superiore al terzo quartile del PSV (37,2) di tutti gli eiaculati analizzati e solo il seme di 7 dei 41 verri testati è risultato ad elevata congelabilità (PSV >37,2), mentre quello dei restanti 34 ha mostrato una criotolleranza medio-bassa. L’elaborazione delle frequenze alleliche, ottenute mediante il test esatto di Fisher, ha messo in evidenza un’associazione tra la frequenza allelica e il livello di congelabilità del seme per i polimorfismi di due geni: RAB3C e PLBD1 (p < 0,01). In studi precedenti i polimorfismi del gene PLBD1 sono risultati associati a differenti valori di motilità e integrità di membrana post scongelamento; mentre i polimorfismi del gene RAB3C sono stati correlati alla riduzione della qualità dello sperma post-scongelamento. I risultati ottenuti meritano un ulteriore approfondimento per l’implementazione di strategie volte a migliorare la congelabilità del seme nei verri.