8 Aprile 2020

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La biodiversità zootecnica

A. Tondo – Associazione Italiana Allevatori

In zootecnia, il concetto di biodiversità si riferisce prevalentemente alla “diversità genetica” all’interno delle specie domestiche allevate. Le specie allevate che contribuiscono all’agricoltura attuale sono il frutto di un lungo percorso di domesticazione e sviluppo. Grazie ai reperti archeologici e alla genetica molecolare sono stati identificati circa 12 centri principali di domesticazione. Le migrazioni umane, il commercio, le conquiste militari e le colonizzazioni avvenute nei secoli hanno determinato la movimentazione degli animali dai loro habitat naturali verso nuovi scenari agro-ecologici. La selezione naturale, la selezione controllata dall’uomo e l’incrocio con le popolazioni d’origine hanno dato successivamente luogo a una grande variabilità genetica. La biodiversità animale si riferisce dunque alla variabilità genetica che la natura e l’uomo sono riusciti a sviluppare.

Gli studi sulla biodiversità animale si riferiscono alla tutela, al censimento e alla ricerca di nuove strategie per preservare le diverse specie viventi, e così tutti i corredi genetici espressi da ciascuna razza. Nel corso degli anni si è definito il grado di vulnerabilità delle singole razze che ha portato alla classificazione FAO del loro stato di rischio e la definizione del grado di minaccia legato al trend demografico, ossia alla possibilità futura di crescita o di riduzione.

Definizione dello stato di rischio

Il progetto LEO, finanziato dalla Comunità Europea, rientra negli interventi a salvaguardia, ripristino e miglioramento della biodiversità animale. Le azioni che costituiscono il progetto, infatti, contribuiranno alla raccolta di un numero più ampio di informazioni in modo da costituire una banca dati allargata a tutte le possibili fonti di dati zootecnici e sanitari legate all’allevamento di bestiame di tutte le specie.

Perché tutelare la biodiversità?

Perché in Italia è bene salvaguardare le razze in via di estinzione? Tutti gli organismi viventi, con le loro specifiche diversità genetiche e biologiche, mantengono in equilibrio gli ecosistemi del nostro pianeta. Il concetto di biodiversità è legato alle razze autoctone a limitata diffusione, quelle cioè che popolano zone rurali svantaggiate, legate a tradizioni storiche allevatoriali e a produzioni tipiche locali (in Italia largamente riconosciute con marchi Dop, Igp e Stg; tabella 1). La loro scomparsa comporterebbe dunque l’impoverimento del patrimonio naturalistico nazionale, lo spopolamento e il definitivo abbandono dei territori rurali, l’aumento del degrado ambientale, la perdita delle produzioni tipiche locali e delle tradizioni culturali legate alle singole razze. L’impoverimento della variabilità genetica, ossia la presenza sul pianeta di un numero limitato di razze con un patrimonio genetico troppo omogeneo, comporta quindi rischi enormi per la nostra sopravvivenza. Ciascuna razza infatti ha peculiarità proprie in termini di resistenza alle malattie e facilità di adattamento alle avversità climatico-ambientali, che la rendono unica e indispensabile per contrastare i mutamenti che l’uomo sempre di più sta causando sul nostro pianeta.

Tabella 1. Relazione tra prodotti tipici e alcune razze autoctone.

Il monitoraggio della biodiversità

Quando parliamo di animali in via di estinzione in zootecnia facciamo riferimento ad alcune razze allevate, infatti non sono le specie che si stanno estinguendo ma le razze entro specie, non rischiamo di far estinguere i suini ma si stanno perdendo le diversità tipiche delle singole razze dei suini. L’organismo deputato ufficialmente al monitoraggio della conservazione delle risorse genetiche animali è la FAO che raccoglie i dati di tutto il mondo e li inserisce in una banca dati chiamata DAD-IS. Periodicamente la FAO pubblica un bollettino ufficiale sullo stato di conservazione delle razze a interesse zootecnico in cui vengono analizzati i trend e i fenomeni che determinano questo impoverimento. Nella figura 1 vengono riassunte pe principali cause dell’erosione genetica.

Fonte: “THE SECOND REPORT ON THE STATE OF THE WORLD’s.  Animal genetic resources for food and agriculture.”, FAO 2015

La sopravvivenza delle razze autoctone a limitata diffusione

Le razze di interesse zootecnico sono a rischio di estinzione in quanto vengono man mano sostituite con quelle caratterizzate da alte produzioni, che spesso sono razze cosmopolite (es.Frisona). Infatti, le razze autoctone sono meno produttive e di conseguenza i ricavi da questi sistemi di allevamento sono spesso molto inferiori.

La presenza sul territorio nazionale delle razze bovine, asinine e cavalline, legata a quell’economia prevalentemente agricola che da sempre ha caratterizzato l’Italia, ha subito nel corso dell’ultimo secolo una forte contrazione dovuta principalmente al processo di industrializzazione e a quello di meccanizzazione della stessa agricoltura. Le razze che si stanno estinguendo sono le razze più rustiche che derivano dalla tradizione zootecnica del nostro territorio, sono le razze che venivano allevate nelle cosiddette zone marginali in condizioni anche disagiate. Allevare animali più produttivi ha portato ad un radicale cambiamento del metodo di allevamento passando da allevamenti rustici all’aperto ad allevamenti stallini al chiuso, con un conseguente abbandono delle zone di montagna, dei pascoli e delle tradizioni della transumanza a favore delle zone di pianura in cui gestire un allevamento stallino è decisamente più semplice. Lo spopolamento delle zone rurali e di montagna, causato da molteplici fattori, è d’altra parte causa dell’abbandono degli allevamenti, come in una spirale negativa che ha avuto come conseguenza la quasi estinzione di queste razze. Una prima grave conseguenza di questo fenomeno è la riduzione del presidio dell’uomo sul territorio, che aveva il vantaggio di mantenere aperti sentieri, manutenere zone isolate e anche prevenire dagli incendi. Quello che si sta perdendo, inoltre, sono le tradizioni culturali legate all’allevamento e alla produzione di alimenti, compromettendo il forte legame tra territorio e popolazione. Ancora, stiamo perdendo la possibilità di ottenere proprio quelle produzioni tipiche italiane che tanto sono apprezzate in tutto il mondo. Il danno economico connesso alla scomparsa delle razze allevate è quindi legato più che altro alla perdita delle produzioni tipiche e della tipicità italiana, alla riduzione del presidio antropico e alla conservazione e manutenzione del territorio che ne deriva. L’abbandono poi di interi territori porta anche alla progressiva distruzione di interi paesini caratteristici del paesaggio italiano. In comune con le specie selvatiche tra le cause di estinzione c’è la riduzione degli habitat naturali, in quanto è aumentato decisamente l’uso del suolo a scopo di urbanizzazione e questo molto spesso ha portato all’allontanamento degli allevamenti perché poco graditi dagli abitanti (molto comune è il fenomeno di chiusura di allevamenti troppo vicini alle abitazioni a causa di odori poco gradevoli). Tuttavia, negli ultimi due decenni, la riscoperta del territorio inteso sia come origini e costumi che come elemento naturalistico ha dato nuovo impulso al processo di recupero di alcune razze da sempre legate a luoghi e culture locali. Per i bovini, in particolare, la valorizzazione delle produzioni zootecniche attraverso il riconoscimento di marchi Dop e Igp costituisce un vero punto di forza per la valorizzazione economica degli allevamenti. A tali fattori va naturalmente aggiunto lo stimolo di carattere economico dato sia dalle Regioni che tendono sempre più a valorizzare le origini agricole, la cultura e il territorio che dalla Comunità Europea attraverso premi e contributi.

Legame tra razze autoctone e produzioni tipiche

L’Italia si conferma il primo Paese per numero di riconoscimenti Dop, Igp e Stg conferiti dall’Unione europea. I prodotti tipici italiani costituiscono un patrimonio culturale fondamentale e sono l’ossatura delle produzioni zootecniche. Alcune di queste tipicità hanno ottenuto un marchio di qualità riconosciuto a livello Europeo o Nazionale. I prodotti tipici sono sottoposti a disciplinari di produzione ufficialmente riconosciuti che definiscono regole per l’allevamento, la trasformazione e la loro conservazione. Spesso tali disciplinari legano il prodotto a specifici territori e/o razze. Vista la scarsa produttività riconducibile alle razze autoctone, si può considerare che tutto il latte e la carne prodotta siano trasformate in produzioni tipiche, soprattutto laddove si è in presenza di marchi a denominazione protetta. La valorizzazione dei prodotti tipici deve essere trasformata nella vera opportunità di sopravvivenza di queste razze a limitata diffusione accompagnata senza dubbio dal sostegno fornito dalla comunità europea attraverso i premi.

La strategia che anche la FAO indica per la conservazione delle popolazioni e razze in via di estinzione è essenzialmente la promozione e la tutela delle produzioni zootecniche tipiche, in Italia questa politica da sempre è stata adottata e le produzioni di moltissime razze in via di estinzione sono legate a DOP e IGP. La comunità europea all’interno della Politica Agricola Comune ha istituito premi agli allevatori che conservano animali delle razze in via di estinzione proprio perché viene riconosciuta la necessità di integrare il reddito degli allevatori che non riescono ad avere un minimo guadagno da queste tipologie di allevamento. Inoltre, attraverso la tenuta dei Registri Anagrafici, lo Stato italiano promuove il controllo dei trend delle popolazioni per il monitoraggio delle razze e il necessario controllo della consanguineità che, in popolazioni molto piccole, rischia di essere troppo elevata aumentando il rischio di estinzione delle razze.

Interventi a sostegno degli allevatori

Le azioni a favore dell’allevamento delle razze in via di estinzione sono legate a interventi molto importanti da parte del nostro Paese supportate dalle politiche della Comunità Europea. In particolare, queste azioni vengono concretizzate all’interno dei PSR (Piani di Sviluppo Rurale) regionali che individuano le aree di intervento e accolgono le domande degli agricoltori e degli allevatori che si impegnano a rispettare i vincoli imposti dai bandi. Oltre all’aiuto diretto all’allevatore, esistono piani di finanziamento per progetti di conservazione finalizzati al prelievo di materiale seminale e conservazione in crio-banche locali, al riconoscimento della necessità di mantenere un presidio antropico in aree marginali che si concretizzano in piani locali volti al recupero delle razze autoctone quali uniche in grado di essere allevate in condizioni difficili creando al contempo una economia locale per tutta la comunità e rafforzando il forte legame culturale tra sistemi di produzione e trasformazione delle produzioni tipiche e territorio.

Se si vogliono recuperare e mantenere queste razze sul territorio italiano si deve pensare ad un sostegno all’economia legata alle produzioni di questi animali. Sembra un controsenso ma solo l’allevamento e la produzione di latte e carne può dare una possibilità concreta a queste razze di sopravvivere. Purtroppo, le produzioni di questi animali sono molto basse e quindi i prodotti che ne derivano sono spesso più costosi di quelli industriali, ma portano con sé tradizioni e sapori non imitabili. A questo va affiancata chiaramente tutta l’attività di registrazione degli animali all’interno dei Registri Anagrafici per poter effettuare concretamente il monitoraggio dei trend della popolazione e il controllo della consanguineità. Legare le produzioni tipiche ai registri anagrafici è anche la via percorribile a garanzia delle produzioni certificate DOP e IGP.