a cura dell’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche “Togo Rosati”
Il concetto di “appropriatezza” appare in medicina umana negli anni ’90 ed è ben sintetizzato dall’affermazione: “I test inappropriati possono essere definiti come quelli che potrebbero ragionevolmente essere evitati senza alcun danno significativo alla cura di un paziente”. Un concetto che trova le sue radici nella Evidence Based Medicine (EBM) e fa riferimento a quattro pilastri fondamentali quali:
– effettiva necessità
– sicurezza
– efficacia clinica
– costo
In altre parole, l’appropriatezza diagnostica studia gli aspetti tecnici, clinici, organizzativi ed economici della diagnosi. E questo vale sia in medicina umana che in medicina veterinaria.
Sebbene la ricerca dell’appropriatezza, tra le sue finalità, abbia quella della razionalizzazione della spesa sanitaria, essa non si restringe affatto al contenimento dei costi, ma si ispira più in generale alla necessità di fornire, integrando varie competenze culturali, riferimenti operativi efficaci ed orientamenti pratici.
Quindi con il termine appropriatezza si definisce la misura di quanto una scelta o un intervento diagnostico o terapeutico adeguato rispetto alle esigenze del paziente e al contesto sanitario. Il concetto di appropriatezza fa riferimento principalmente al momento decisionale dell’atto medico. Infatti, un atto medico può essere eseguito più o meno correttamente, prescindendo dalla sua appropriatezza.
Un intervento diagnostico o terapeutico risulta appropriato nel momento in cui risponde il più possibile, relativamente al contesto in cui si colloca, ai criteri di efficacia, sicurezza ed efficienza che implicano il fatto che la scelta fatta comporti benefici al paziente, creando il minor numero di effetti negativi.
Le prove di efficacia e sicurezza stanno alla base di linee guida cliniche e protocolli diagnostico-terapeutici che sono condivisi dal personale sanitario responsabile della scelta. Purtroppo, le prove di efficacia e sicurezza non hanno validità assoluta, ma statistica, ed esiste una significativa variabilità individuale, da paziente a paziente, per quanto riguarda la risposta a diverse terapie, ancorché applicate appropriatamente.
In ambito farmacologico, l’appropriatezza prescrittiva dei farmaci si verifica quando essi sono prescritti per specie animali e per patologie per le quali esiste l’indicazione terapeutica all’interno della scheda tecnica. L’utilizzo del farmaco in casi, in dosaggi o in specie non indicati prende il nome di Off-Label.
Se esiste una indicazione terapeutica in scheda tecnica vuol dire che quel farmaco è stato studiato, nella sperimentazione clinica controllata, per verificarne l’efficacia e la tollerabilità in quella particolare indicazione terapeutica che, pertanto, ha ottenuto il riconoscimento della comunità scientifica e quindi l’immissione in commercio attraverso le agenzie nazionali o comunitarie del farmaco.
La grande variabilità di comportamenti presente nella pratica clinica rende indispensabile promuovere metodi di lavoro basati sulla EBM che permettano di standardizzare i processi diagnostico, clinico, analitico e terapeutico, migliorandone appropriatezza ed efficacia.
L’appropriatezza diagnostica in medicina veterinaria
In medicina veterinaria, l’interazione tra industrializzazione dei sistemi produttivi, nuove tecnologie diagnostiche e presenza di patogeni opportunisti, ha reso complesso e dispendioso il processo diagnostico che include l’impiego di esami analitici per suffragare o escludere le ipotesi avanzate.
In tale contesto l’appropriatezza diagnostica in medicina veterinaria può tradursi in un approccio metodologico che integra il processo clinico con le indagini di laboratorio, utilizzando le migliori evidenze scientifiche disponibili, mediate dall’utilizzo appropriato delle metodiche analitiche e statistiche a disposizione.
Inoltre, anche nell’ottica di rispetto del benessere animale e di corretto utilizzo del farmaco, è indispensabile che l’attività diagnostica si basi sull’utilizzo di specifici protocolli. La necessità di una “appropriatezza diagnostica”, nasce essenzialmente dall’esigenza di disporre degli strumenti più efficaci nell’individuare e gestire correttamente le patologie presenti in allevamento, nonché di predisporre soluzioni gestionali di lunga durata se non definitive.
In un moderno sistema zootecnico è quindi indispensabile che l’attività diagnostica si basi su specifici protocolli che attraverso l’utilizzo di sistemi informatici che possano aiutare il veterinario aziendale a seguire un percorso virtuoso. Tale sistema di lavoro può essere un supporto per il veterinario aziendale al quale fornirà strumenti per poter indirizzare in maniera appropriata la diagnosi, rendendo il processo più efficiente ed omogeneo.
Strumenti utili per il veterinario aziendale potrebbero essere percorsi basati su una serie di protocolli diagnostici standardizzarti, costruiti sulla base di sindromi cliniche in popolazioni animali specifiche e in grado di rispondere alla domanda: “Qual è il rischio che la sindrome clinica evidenziata sia causata da uno dei differenti patogeni identificati?”. I percorsi diagnosticiin allevamento devono essere declinati in varie fasi in modo da indirizzare da una parte, i colleghi liberi professionisti al corretto campionamento, e dall’altra a prevedere adeguati percorsi di accettazione e applicazione di protocolli analitici. L’utilizzo di tali strumenti può permettere un approccio alla patologia e una conseguente attività sia di terapia che di profilassi, altamente specifica e dedicata alla singola stalla problema.