a cura di: Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale”
I cavalli allo stato brado hanno livelli di benessere inferiore rispetto a quelli che vivono in scuderia ed impegnati in attività di lavoro. La conferma arriva dalle analisi dei livelli di cortisolo nel crine, da cui è possibile ottenere una stima del livello di benessere sperimentato dai cavalli.
La minaccia di predatori, la ricerca di cibo ed acqua, le dinamiche sociali. Potrebbero essere questi gli elementi che provocherebbero un maggiore livello di stress nei cavalli allo stato brado rispetto a quelli scuderizzati e sotto la gestione dell’uomo. Sono i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Animals.
Gli autori della ricerca hanno preso in esame complessivamente 47 cavalli, divisi in tre gruppi: sedici appartenenti alla Polizia di Stato di Ladispoli, dove svolgevano attività addestrativa e lavoro in campo; altri sedici impegnati in servizi di ordine pubblico, sempre in forze alla Polizia di Stato di Roma; quindici cavalli, infine, mantenuti allo stato brado sulle montagne dell’Abruzzo, e reperiti tramite la collaborazione di un allevatore locale.
Tutti i soggetti inclusi nello studio erano stati preventivamente selezionati in base all’assenza di patologie di carattere acuto e cronico e seguendo i principali parametri di valutazione del protocollo “AWIN” di valutazione del benessere animale. I cavalli selezionati sono stati quindi sottoposti ad analisi dei livelli di cortisolo presente nel crine.
Il cortisolo è considerato in letteratura un valido indicatore di stress. Quello presente nel crine può quindi rappresentare un ‘archivio’ dell‘animale, raccontando il suo status cronico di benessere. Le analisi, eseguite con una procedura standardizzata ed un’analisi laboratoristica utilizzata per la prima volta con tale scopo, hanno portato a risultati apparentemente inattesi: il livello di cortisolo era più elevato nel gruppo di cavalli che vivevano allo stato brado rispetto ai due gruppi ricoverati in stalla ed impiegati in attività di lavoro intense.
Questa evidenza andrebbe a confutare alcune comuni credenze secondo le quali l’animale in natura, quindi libero di esprimere il suo naturale comportamento, sperimenterebbe livelli di benessere superiori rispetto all’animale in lavoro e gestito dall’uomo, ovviamente da intendersi secondo un corretto management. In altri termini, i fattori di stress indotti da una adeguata gestione da parte dell’uomo potrebbero comunque essere di minor impatto rispetto a quelli presenti allo stato brado.
Infatti, gli animali della Polizia di Stato presi in esame, benché sottoposti a lavoro o servizio di ordine pubblico, attività presumibilmente ricca di fattori stressanti, sperimentano livelli di cortisolo inferiori. La conclusione naturale è che una corretta gestione da parte dell’uomo sembrerebbe più rispettosa del benessere rispetto ad una condizione assolutamente naturalistica.
La tecnica di indagine utilizzata, estensibile anche ad altre specie, rappresenta uno strumento che potrà diventare oggettivo nella valutazione dello stress. Questo potrebbe farla diventare un punto di riferimento per il settore del benessere animale.