a cura di: Associazione Italiana Allevatori
Le manifestazioni zootecniche primaverili, sia di livello nazionale che locale, sono spesso occasione per far conoscere o far rinverdire la conoscenza di razze autoctone italiane che negli ultimi decenni hanno a vario titolo tentato di imporsi nel panorama zootecnico del nostro Paese.
È il caso, ad esempio, della Mostra Nazionale dell’Agricoltura, della Zootecnia e dell’Alimentazione “Agriumbria” di Bastia Umbra (Perugia), che nel 2025 ha celebrato la sua 56esima edizione confermando il successo degli scorsi anni, con un bacino di visitatori consolidato, nel corso della tre giorni di manifestazione, in oltre ottantamila presenze. Anche quest’anno ad “Agriumbria” A.I.A. ha proseguito nella divulgazione dei risultati del Progetto LEO, nella propria area istituzionale, tradizionalmente circondata dalla esposizione di numerosi capi delle razze più rappresentative dell’allevamento del Centro Italia. Tra queste, massima attenzione sulle razze del circuito Anabic (Associazione Nazionale Bovini Italiani da Carne) e di Anacli (Associazione Nazionale Allevatori delle razze Charolaise e Limousine Italiane), anche perché “Agriumbria” si è confermata quale sede del ‘Polo delle Carni Italiane’ grazie ad un accordo rinnovato fino al 2030.
Ad “Agriumbria” si è molto parlato, sia nei discorsi pubblici che nei vari incontri convegnistici, della necessità per la bovinicoltura da carne del nostro Paese di una valorizzazione della linea vacca-vitello: per questo motivo, oltre alle razze bovine protagoniste delle Mostre Nazionali di Libro Genealogico (Chianina e Romagnola per l’Anabic, Charolaise e Limousine per l’Anacli), assume una certa rilevanza anche la vetrina dedicata alla razza Marchigiana, che tra l’altro sarà sotto i riflettori in un altro importante appuntamento fieristico primaverile in grande crescita, “CampaniAlleva”, in programma a Benevento poco prima di metà maggio.
Perché parlare proprio della Marchigiana? Sebbene tra le cinque razze del circuito Anabic (le altre, si ricorda, sono la Chianina, la Romagnola, la Maremmana e la Podolica) sia quella selezionata più di recente (le origini datano al 1928, quando a seguito del divieto di incrocio con altre razze se ne iniziò ufficialmente la selezione che la portò da “razza da lavoro” a razza ad indirizzo “da carne”), e nonostante si stia assistendo ad un calo delle macellazioni e delle consistenze (di recente, in un convegno a Perugia, Anabic ha evidenziato un calo dei capi macellati dai 5.858 del dicembre 2022 ai 5.647 dell’anno dopo e ai 4.863 del dicembre 2024, mentre le consistenze nel Libro Genealogico Nazionale hanno visto una riduzione di 191 allevamenti dal dicembre 2022, con una perdita di circa 5.800 capi, in particolare meno 1.909 vacche, seguendo un trend che va vanti da un decennio) la Marchigiana potrebbe essere una buona “carta da giocare” principalmente per due ordini di motivi: le razze rappresentate da Anabic costituiscono l’1,2% del totale dei bovini macellati in Italia, e le macellazioni di capi che si fregiano del marchio Igp (la Marchigiana rientra nelle razze tutelate dal Consorzio di Tutela dell’Igp Vitellone Bianco dell’Italia Centrale) sono appena lo 0,7% (dati Anabic e Consorzi) e quindi potrebbero esserci spazi sufficienti di mercato per collocare un eventuale aumento di produzione. In secondo luogo, proprio secondo quanto ricordato da Anabic, la richiesta in crescita di carni fa supporre che un aumento delle fattrici e dei vitelli disponibili dovrebbe esser bene accolta dal mercato anche in virtù del fatto che le nostre razze sposano alla perfezione tutti gli attuali “desiderata” dei consumatori, e cioè: territorialità, italianità, ambiente, benessere (degli animali, viene da aggiungere, ma anche del consumatore, di tutte le fasce di età), qualità.
Quest’ultimo punto è fondamentale, associato ad un percorso di comunicazione dell’alto valore ambientale dell’allevamento di razze come la Marchigiana, soprattutto per la dorsale dell’Appenino centrale e meridionale. Si ricorda, infatti, che oltre alla regione “culla della razza”, dalla quale prende il nome, le Marche, i bovini marchigiani sono diffusi principalmente in Campania, Abruzzo, Lazio e Molise. Complessivamente, in quanto a consistenze, la razza si colloca al terzo posto in Italia tra quelle spiccatamente da carne. Gli ultimi dati consultabili sul sito www.anabic.it (aggiornati al 31/12/2024) evidenziano un totale di 44.256 capi, distribuiti in 1.685 allevamenti (facendo un rapido e semplice calcolo, anche per rilevare la distintività del nostro allevamento, l’impatto ambientale dei bovini di razza Marchigiana non può essere lontanamente paragonabile ad altri modelli che non rappresentano certo una zootecnia di tipo estensivo). Le province più rappresentate, nell’allevamento della razza, attualmente sono Macerata, Teramo e Benevento.
Per finire, la capacità di accrescimento della Marchigiana è eccellente, raggiunge nei migliori soggetti punte di 2 kg al giorno; le vacche pesano tra i 7 e i 9 q.li mentre i tori tra i 12 e i 15 q.li. È una razza precoce che raggiunge il peso ideale a 15-16 mesi con rese fino al 67%. Il vitello alla nascita (il mantello è tipicamente fromentino, per diventare poi bianco attorno al terzo mese di età) pesa mediamente 45 kg. La scheda tecnica dettagliata della razza è qui disponibile.