a cura di: Associazione Italiana Allevatori
L’acido citrico è un naturale costituente del latte presente ad una concentrazione media di 0.1-0.3%. Influenza le caratteristiche di lavorazione del latte perché interagisce con altri costituenti che favoriscono la coagulazione delle proteine e i suoi prodotti di fermentazione producono sapori aromatici distinti caratteristici dei prodotti a base di latte fermentato (Rosenthal, 1991).
L’acido citrico svolge un ruolo centrale nel metabolismo energetico cellulare ed in particolare la sua concentrazione nel latte riflette l’attività mammaria.
Nei ruminanti, l’acido citrico ha un ruolo indiretto nella sintesi dei grassi fornendo equivalenti riducenti sotto forma di NADPH, necessari per la sintesi degli acidi grassi a catena corta del gruppo de novo (Faulkner e Peaker, 1982). Nella sintesi dei de novo, ogni ciclo di allungamento della catena utilizza 2 molecole di NADPH, prodotte dalla via dei pentoso-fosfati e dal ciclo dell’isocitrato (Moore e Christie, 1981). L’isocitrato è un isomero del citrato (sale dell’acido citrico). Pertanto, se la sintesi degli acidi grassi de novo aumenta, la concentrazione di isocitrato diminuisce e la concentrazione di acido citrico diminuisce.
Diversi studi, hanno riscontrato che le concentrazioni di acido citrico nel latte variano in base alla stagione e allo stadio della lattazione. In generale, le concentrazioni di citrato sono più elevate durante la stagione del pascolo (Holt e Muir, 1979; Mitchell, G. E. 1979. Seasonal variation in citrate content of milk. Aust. J. Dairy Technol. 34, 158–160; Keogh et al., 1982) e durante l’inizio della lattazione (Braunschweig e Puhan, 1999). Tuttavia, la teoria più certa è che la concentrazione di acido citrico è strettamente legata alla produzione di acidi grassi de novo (e quindi all’efficienza della ghiandola mammaria) indipendentemente dal periodo di lattazione o dal regime alimentare (Garnsworthy et al., 2006).