a cura di: ConSDABI
I momenti essenziali nella storia della biodiversità degli animali domestici possono essere così riassunti:
- domesticazione (10.000 ÷1.000 a.C.);
- migrazione di intere popolazioni umane e dei loro animali (1000 a.C. ÷ 1700 d.C.);
- accoppiamenti programmati (1700 ÷1945);
- applicazione di modelli selettivi avanzati discriminanti per i geni responsabili della variabilità genetica quantitativa (QTL, quantitative trait loci) (1945 a oggi) con applicazione di biotecniche innovative riproduttive; tale fase ha comportato la riduzione della biodiversità della fauna domestica.
Studi evidenziano che i maggiori contrasti tra esigenze produttive, ricreative e di conservazione si hanno negli ambienti agrari, in cui sono state riscontrate e sono prospettate le maggiori perdite di biodiversità.
Attualmente, un fattore di rischio per la perdita di biodiversità, con particolare riferimento a quella della fauna, della flora e dei microbi, potrebbe essere rappresentato dall’uso agricolo delle piante transgeniche, che prevede la crescita in campo aperto con possibili conseguenze sui delicati equilibri ambientali.
L’adozione delle colture transgeniche rende più efficiente il controllo delle erbe infestanti accelerando il declino del seedbank: fenomeno, che, tra l’altro, si verifica anche per effetto della continua lavorazione del suolo. Tale impoverimento, nel lungo periodo, potrebbe produrre uno scompenso di specie a carico della densità delle piante infestanti.
Inoltre, nelle colture transgeniche è stato rilevato un numero più elevato di Collemboli, un particolare tipo di detritivori, noti come ‘code di primavera’, che si nutrono delle erbe infestanti distrutte dagli erbicidi. Ciò è dovuto al fatto che gli erbicidi, nel caso delle colture transgeniche, vengono impiegati più tardi rispetto alle colture convenzionali. Le piante infestanti hanno così la possibilità di incrementare la loro biomassa, costituendo un abbondante substrato alimentare per i detritivori.
Concludendo, le piante infestanti svolgono un ruolo primario nel sostenere la comunità biotica e l’impiego delle colture resistenti ai diserbanti interferisce con i delicati e complessi meccanismi omeostatici a carico della catena trofica alimentata dalle stesse piante infestanti.