a cura di SAAF- Dipartimento Scienze Agrarie Alimentari Forestali – Università degli studi di Palermo
La capra Girgentana è un’antichissima razza autoctona siciliana, originaria probabilmente dell’Afghanistan e degli Stati Himalayani. Si ritiene che la sua antenata sia la Markhor o Falconeri, una capra selvatica diffusa nell’Afghanistan nord-orientale.
La razza trae la sua denominazione da “Girgenti”, oggi Agrigento, dove un tempo essa segnava la maggiore densità numerica. Nel 1983 la popolazione contava circa 30.000 capi, mentre 10 anni dopo, quasi il 98% della popolazione preesistente era scomparsa. Il registro anagrafico della capra Girgentana è detenuto dall’Associazione Nazionale della Pastorizia (ASSONAPA), e riporta una consistenza al 2021 di circa 1.500 soggetti.
Tradizionalmente, la capra Girgentana veniva allevata in contesti urbani: gli animali venivano legati in singole poste di legno per evitare possibili comportamenti offensivi, dovuti alle loro caratteristiche corna.
Prima dell’avvento normativo in materia di sanità e salubrità degli alimenti, gli allevatori di capra Girgentana basavano il proprio profitto sulla vendita diretta (porta a porta) di latte fresco, ovvero in maniera ambulante, con capre al seguito, giravano per le vie dei paesi a mungere a domicilio il latte che vendevano. Con le restrizioni normative che hanno difatti limitato tale attività, si è assistito alla diminuzione del consumo di latte fresco e di conseguenza al progressivo abbandono dell’allevamento della razza, con conseguente riduzione numerica della popolazione.
Oggi, il sistema di allevamento maggiormente praticato è di tipo semi-estensivo: le capre pascolano durante la mattina e sono stabulate la notte; inoltre, nei periodi invernali con condizioni meteo avverse vengono lasciate nelle stalle e alimentate principalmente con fieno locale anche per più giorni. Non appena l’erba fresca è disponibile, vengono spostate all’aperto a pascolare. Gli allevamenti sono piccoli-medi, generalmente a conduzione familiare con un tipo di mungitura manuale.
Il principale tratto distintivo di questa razza è rappresentato dalla particolare forma delle corna, elegantemente attorcigliate, erette, a forma elicoidale, presenti in ambedue i sessi, ma più sviluppate nei maschi, dove possono raggiungere i 70 cm di lunghezza. L’altezza media al garrese è di circa di 80-85 cm, il peso è di 65-70 kg nei maschi e 45-50 kg nelle femmine.
La testa si presenta piccola, fine e leggera, con un tipico profilo camuso, a causa dello sviluppo pronunciato delle ossa frontali. Le orecchie sono piccole, a volte pigmentate, sottili, diritte, di lunghezza compresa tra 10 e 12 cm. La barba, assente nelle femmine, è sviluppata nel maschio, mentre le tettole sono presenti in entrambi i sessi. Gli arti sono di media lunghezza, unghia resistenti e dure in relazione alla rusticità della razza.
Il mantello è di colore bianco uniforme; solo la testa presenta maculature variamente sfumate, di un colore bruno, in alcuni casi tendente al roano, che si estendono fino alla fine del collo. L’apparato mammario è sviluppato, con mammella di tipo pecorino o piriforme; è dotata di ottima attitudine ai parti plurimi (intorno all’80% di cui il 10% trigemini). La razza è caratterizzata da una buona rusticità, che le consente di pascolare in zone impervie, ma a causa dello sviluppo delle corna, non si adatta alle aree boschive.
L’indirizzo produttivo è quello della produzione del latte, circa 350 Kg per lattazione, che dura 150-180 giorni nelle pluripare e che viene destinato al consumo diretto sia per il sapore dolce che per lo scarso odore ircino. Inoltre, questo latte si distingue per la minore dimensione dei globuli lipidici e per la più alta percentuale di acidi grassi a catena media e corta. Queste caratteristiche conferiscono all’alimento una migliore digeribilità, legata al fatto che tali grassi vengono assorbiti rapidamente dalla mucosa intestinale e giungono più velocemente al fegato per la loro metabolizzazione. La razza potrebbe essere impiegata negli allevamenti a regime stabulato, poiché non ha nulla da invidiare alle razze altamente specializzate per la produzione di latte.
Data la drastica riduzione demografica della capra Gorgentana, risulta fondamentale approfondire le conoscenze sulla variabilità genetica e sulla struttura di popolazione, anche per eventuali piani di conservazione e valorizzazione. Con l’aumento della disponibilità di marcatori molecolari e con lo sviluppo di sofisticate tecniche analitiche, sta crescendo l’interesse a caratterizzare la struttura genetica delle razze locali in pericolo di estinzione.
In un recente studio dell’Università di Palermo, sono stati approfonditi questi aspetti mediante approcci genomici. I risultati hanno evidenziato e confermato una netta differenziazione tra la Girgentana e le altre razze caprine allevate in Sicilia, e l’assenza di componenti ancestrali condivise, che confermano l’unicità genetica di questa razza.
L’analisi delle regioni di omozigosi, utili per valutare la consanguineità, hanno mostrato moderati livelli di variabilità genetica, nonostante la ridotta dimensione della popolazione, con la presenza di lunghi segmenti di omozigosi in alcuni soggetti analizzati. La lunghezza dei segmenti rappresenta un parametro per stimare la lontananza temporale dell’accoppiamento tra parenti.
La presenza di lunghe regioni di omozigosi indicano l’accoppiamento recente tra individui imparentati, che determina l’aumento della consanguineità nella popolazione. Sulla base di questi risultati, gli sforzi dei tecnici e degli allevatori dovrebbero essere mirati per migliorare e aumentare la diversità genetica. Se l’isolamento riproduttivo all’interno degli allevamenti è mantenuto, a breve termine il tasso di consanguineità per questi individui e per i discendenti aumenterà, con una conseguente diminuzione della dimensione effettiva della popolazione, compromettendo il futuro della razza.
Nel contesto storico e sociale in cui si trova oggi, rispetto a quello in cui si è originata, la razza Girgentana è seriamente sottoposta a rischio estinzione, testimoniato dal consistente declino demografico, dovuto con ogni probabilità al cambio del mercato. Infatti, come già riportato, siamo passati dalla vendita diretta di latte degli anni 80, alla produzione di latte destinata quasi esclusivamente alla caseificazione di formaggi ovi-caprini, e più raramente di formaggi caprini, dove le razze specializzate per la produzione di latte hanno soppiantato le popolazioni locali. Non solo, il consumatore italiano medio difficilmente seleziona dei formaggi caprini stagionati o semi-stagionati.
Negli ultimi tempi, però, stanno riscuotendo successo ed interesse alcune produzioni diversificate, come i latticini freschi, tra cui troviamo, per esempio, la robiola con latte di sola Girgentana, sempre più diffusa nell’areale dell’Agrigentino e del Palermitano.
In un concetto globale di tutela della razza, la valorizzazione delle produzioni casearie di sola Girgentana, sia tradizionali che innovative, potrebbe giocare un ruolo fondamentale, affinché il reddito derivante dalla vendita di tali produzioni possa renderne conveniente e sostenibile l’allevamento, con l’avvio di un circolo virtuoso che possa far incrementare demograficamente la popolazione, tutelandone l’importante e unico patrimonio genetico.