a cura di: Associazione Italiana Allevatori
Lo scorso 14 – 16 luglio 2023, nell’ambito della “Fattoria degli Animali” organizzata dall’Associazione Italiana Allevatori nel contesto del “Villaggio Contadino” della Coldiretti realizzato a San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), tra le razze rappresentanti la biodiversità ovina locale oggetto di divulgazione riferita al Progetto LEO erano presenti anche capi di Pecora Fabrianese.
Si può certamente affermare che si tratta di una razza “amica dell’ambiente”, anche perché la sua numerosità e distribuzione sul territorio non impatta in maniera rilevante. Le consistenze attuali (aggiornamento a luglio 2023, dati Associazione Nazionale della Pastorizia-ASSONAPA) ammontano a 2.000 capi iscritti, distribuiti in soli 33 allevamenti ora situati tutti nel territorio della regione Marche, precisamente 3 allevamenti nella provincia di Ascoli Piceno, 6 in quella di Macerata e i restanti 24 in provincia di Ancona. E proprio dalla provincia di Ancona, cioè da Fabriano, la razza prende il suo nome. E’ curioso osservare che Fabriano è nota anche per essere un famoso polo cartario: nella storia umana della scrittura c’è un “ponte di collegamento”, poiché anticamente, prima dell’avvento della carta di origine industriale, l’uso di vergare documenti su pergamene presupponeva l’utilizzo di “cartapecora” detta anche “carta pecudina”, che altro non era se non una membrana ricavata dalla pelle di animale non conciata, in genere, appunto di origine ovina.
Quindi non è del tutto fantasioso ipotizzare che le “antenate” delle attuali pecore Fabrianesi oltre al vello per abiti e tessuti fornissero anche la materia prima per realizzare libri e pergamene assai diffuse in territori che ebbero il massimo dello splendore nell’età dei Comuni e, successivamente, ricadenti nello Stato Pontificio che, come è noto, non considerando le varie fluttuazioni di confini dovute a conflitti ed annessioni, oltre a quasi tutte le attuali Marche comprendeva Lazio, parte della Romagna, Umbria e parte della Campania. Tutte regioni legate a doppio filo all’economia agricola e pastorale che ha avuto una parte importantissima nella storia di questi territori.
Sempre per fare un po’ di “storia”, ma riferita alla attuale Fabrianese, la razza così come la conosciamo oggi è nata negli anni Sessanta dall’incrocio e successivo meticciamento tra pecore locali allevate sull’Appennino marchigiano e arieti di razza Bergamasca con l’obiettivo di ottenere animali “a duplice attitudine”, latte e carne (in prevalenza quest’ultima). Dal punto di vista normativo, a febbraio 1997 è stato approvato dall’allora Ministero dell’Agricoltura un nuovo testo con i “Caratteri tipici” e le “Norme tecniche” della razza ovina Fabrianese.
Per quanto riguarda le caratteristiche di razza, tra i caratteri esteriori, nella Fabrianese il vello è semi-chiuso, parzialmente esteso, di colore bianco uniforme, le parti prive di lana uniformemente bianche; la testa è priva di corna con profilo fronto-nasale parzialmente convesso, con maggiore accentuazione nel maschio adulto rispetto alla femmina. Il padiglione auricolare, negli animali adulti, è parzialmente orizzontale o leggermente diretto in basso.
Tra i caratteri biometrici, la taglia raggiunge nei soggetti adulti maschi e femmine, rispettivamente 82 e 74 cm di altezza al garrese.
Per quanto riguarda i caratteri produttivi, considerata la prevalente attitudine alla produzione di carne, il peso ottimale deve collocarsi attorno ai 25 kg, da raggiungersi entro i primi due mesi di vita dell’agnello.
Come è purtroppo avvenuto per altre razze ovine presenti nella nostra Penisola, la concorrenza con altre razze più produttive ha determinato una progressiva contrazione delle consistenze: come termine di paragone, nel 1983 la popolazione veniva stimata in circa 25 mila capi, di cui 4.600 iscritti; nel 1997, il numero totale era salito a 70 mila capi, mentre nel 2013 i soggetti iscritti erano già scesi a solo poco più di 3.300 capi.