a cura di: Dipartimento di Scienze animali, della nutrizione e degli alimenti – DIANA – Università Cattolica del Sacro Cuore – Piacenza
La sostenibilità economica e ambientale è tra i punti cardine per il successo dell’allevamento animale. Pertanto, per raggiungere questo obiettivo, passo obbligato è che la disponibilità di nutrienti non dovrebbe limitare né le prestazioni né, di conseguenza, il benessere degli animali. Diventa perciò obbligatorio l’uso di una matrice precisa sia per il calcolo dei fabbisogni di nutrienti degli animali che per la valutazione del contenuto di nutrienti degli alimenti e della razione da distribuire.
Nella realtà commerciale ciò è difficile da applicare, a causa della variabilità produttiva e fisiologica degli animali all’interno di un allevamento e della variabilità della composizione degli alimenti, anche all’interno dello stesso lotto. L’alimentazione di precisione mira quindi a rispondere a queste esigenze mediante l’uso di dispositivi che consentono di abbinare in maniera più precisa i fabbisogni nutrizionali degli animali alle caratteristiche effettive degli alimenti.
La concentrazione dei nutrienti negli alimenti è caratterizzata da grande variabilità anche nel brevissimo periodo (si pensi ad esempio all’azione disseccante del vento di un fronte di trincea), causando variazioni nella composizione della dieta. Questa variabilità può negativamente influenzare sia la salute delle bovine, ad esempio può favorire la dislocazione dell’abomaso e la sub-acidosi ruminale, che la produzione di latte con fluttuazioni importanti della media giornaliera. È ovvio che le conseguenze sulla redditività e sostenibilità dell’allevamento sono importanti.
Le diete per le vacche da latte sono formulate sulla base del contenuto in sostanza secca (SS) degli alimenti, mentre nella pratica i singoli alimenti sono inclusi nel carro unifeed sulla base del valore tal quale. Ciò può portare a marcate variazioni nella dieta finale. Alcune sperimentazioni hanno osservato che la variabilità sulla sostanza secca entro le diete per vacche da latte variava dal 45 al 53% per il fieno e tra il 41 e il 68% per l’insilato. Ne consegue che anche una piccola variazione dell’umidità dei foraggi può influenzare fortemente il contenuto dei nutrienti della dieta complessiva, modificarne l’appetibilità e influire sulla selezione degli ingredienti, generando un’ulteriore variabilità sulla ingestione di sostanza secca, sull’assunzione di nutrienti e aumentando lo squilibrio nutrizionale individuale.
Tra i nutrienti, le variazioni più rilevanti riguardano l’apporto di energia e la fermentescibilità dei carboidrati. Al modificarsi di entrambe si verificano alterazioni non solo della quantità di latte prodotta, ma anche delle caratteristiche casearie. Questo aspetto, peraltro, potrebbe verificarsi più spesso quando le diete sono in gran parte basate su insilati, e questo potrebbe essere il caso delle diete fornite alle vacche delle aziende produttrici di latte per il formaggio Grana Padano, la principale DOP della Pianura Padana. In questi allevamenti l’insilato di mais è la base foraggera cardine, e mediamente la quantità inclusa nella razione delle vacche in lattazione è di 23 kg/capo al giorno. Tuttavia, altri insilati (Lolium sp., Sorgo, Triticale, Frumento, etc.) sono, in genere, inclusi, anche se in quantità minori.
Per migliorare la stabilità dell’unifeed sono state proposte diverse strategie e una tra le più recenti è il sistema basato su uno scanner nel vicino infrarosso (NIR) posizionato sulla fresa frontale del carro unifeed. Questi esegue un’analisi NIR in tempo reale della sostanza secca di ciascun ingrediente e adegua il carico dall’alimento al peso della reale sostanza secca al caricamento, migliorando quindi la costanza della dieta per quantità di sostanza secca distribuita e per caratteristiche nutrizionali. Una composizione della foraggiata più vicina possibile al valore teorico aiuta a ridurre i disordini metabolici, aspetto cruciale per la vacca da latte specialmente nella prima fase della lattazione, la più critica.
In una indagine condotta presso il nostro dipartimento svolta in 7 allevamenti commerciali di bovine di razza frisona della Pianura Padana (provincie di Mantova e Brescia) è stata valutato questo sistema di alimentazione di precisione sulle condizioni metaboliche e sulla produzione di latte. I 7 allevamenti erano equipaggiati con il dg precisionFEEDINGTM (Dinamica Generale, s.p.a., Mantova, ITALY), installato sul carro unifeed. Il kit (di seguito definito come Precision Feeding System o PFS) era costituito da: 1) Software DTMTM per la gestione dell’alimentazione che forniva anche un controllo completo dell’inventario degli alimenti; 2) Top Scale Indicator, un microcomputer installato sul carro unifeed che ha fornito la sequenza di carico dei singoli alimenti, la registrazione del processo di carico e ha provveduto alla regolazione del carico dei singoli alimenti in base alla loro umidità per rispettare il peso secco impostato; 3) uno scanner NIR (IRMTM FM) montato sul raschiatore della fresa anteriore che ha eseguito un’analisi della sostanza secca in tempo reale di ciascun ingrediente durante il caricamento.
Lo studio ha previsto un disegno sperimentale a cross-over con 2 periodi di 14 settimane. La PFS è stata attivata (PFS-ON) in tre allevamenti e disattivata negli altri quattro (PF-OFF) durante il 1° periodo e viceversa nel 2° periodo. Al termine dei due periodi, in ogni allevamento sono state controllate 7 vacche nella prima fase della lattazione e 7 in fase media di lattazione, per un totale di 196 vacche, sulle quali sono stati eseguite valutazioni ematiche ed è stata controllata la produzione e composizione del latte.
Durante lo studio, gli scarti tra la SS della dieta target (calcolati sulla quantità di alimenti nella ricetta della dieta e applicando la SS determinata in laboratorio) e quella delle diete effettivamente distribuite alle vacche tendevano ad essere inferiori con PFS-ON vs. PFS-OFF (0,06 vs 0,12 kg, P=0,12). Nelle bovine nella prima fase della lattazione, è stata osservata una minore concentrazione di urea nel sangue (4,63 vs 4,88 mmol/L, P=0,115) aspetto che indicava un migliore utilizzo delle proteine della dieta formulata con la PFS attiva (PFS-ON) rispetto a PFS-OFF. La produzione e la composizione del latte non sono state influenzate.
Lo studio ha dimostrato che a causa delle variazioni dell’umidità degli insilati e dell’errore dell’operatore, l’unifeed presenta ampie variazioni anche in un periodo di tempo relativamente breve. Utilizzando la PFS si è ridotta la variabilità all’interno dell’unifeed, sia come SS che come caratteristiche nutrizionali, ed in particolare del contenuto proteico. Questa maggiore costanza nella quotidianità di tale operazione certamente ha un effetto favorevole sulle condizioni metaboliche nelle bovine da latte, con importanti ripercussioni sullo stato di salute, sulla produzione di latte e sull’efficienza economica dell’allevamento bovino, per la migliore efficienza nell’utilizzo dei nutrienti che si presentano nell’apparato gastro-intestinale nei rapporti più adeguati per i processi digestivi.