19 Ottobre 2023

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Epigenetica del seme bovino

a cura di: Istituto Sperimentale Italiano Lazzaro Spallanzani, Loc. La Quercia, 26027, Rivolta d’Adda (CR), Italy

Dopo più di 200 anni da quando il naturalista francese Jean-Baptiste Lamarck ha descritto nel 1809 la sua teoria pionieristica dell’evoluzione, poi superata cinquant’anni dopo da Charles Darwin, possiamo oggi affermare che la tanto bistrattata immagine della giraffa che dopo una vita intera passata ad allungare il proprio collo potesse poi trasmettere il traguardo raggiunto alla prole non sia del tutto priva di fondamento.

A fornirci gli elementi per allungare, questa volta lo sguardo, su altre ipotesi evoluzionistiche che completano quelle già consolidate da Darwin è l’epigenetica. Questa disciplina relativamente nuova, derivata direttamente dalla genetica, studia e descrive come fattori quali l’età, l’esposizione ambientale ad agenti fisici e chimici, la dieta e l’attività fisica, siano in grado di modificare l’espressione dei geni rendendo trasmissibili tali segnali epigenetici acquisiti a più di una generazione successiva, corroborando in tal modo la teoria di Lamarck e garantendosi a pieno titolo un ruolo tra gli strumenti utili alla pianificazione degli schemi selettivi degli animali da reddito.

In tale ambito, ricordiamo che la fertilità nella specie bovina è un tratto complesso da gestire a causa della sua bassa ereditabilità. Recentemente, benché la selezione genomica abbia consentito un maggiore progresso della fertilità delle femmine, non esistono test affidabili per prevedere la fertilità dei tori.

L’efficienza di riproduzione è un fattore economico importante nei bovini da latte in quanto l’inefficienza riproduttiva si traduce in un aumento degli intervalli di parto e dei tassi di rimonta, in una diminuzione della produzione di latte e in ritardi nel progresso genetico. In più, la fertilità del toro ha un’ulteriore valenza in quanto un singolo eiaculato viene distribuito in più aziende e utilizzato per inseminare migliaia di vacche.

Ad oggi, la valutazione del materiale seminale si basa sull’esame di vari parametri che, sebbene ne indichino la generale qualità e idoneità alla crioconservazione, spesso non spiegano le cause alla base della diversa fertilità dei tori. Riprendendo la citata teoria di Lamarck, è sempre più chiaro che la fertilità, oltre ad essere poco ereditabile, appare oggi essere un tratto complesso influenzato da svariati fattori come la genetica, l’epigenetica, il clima, lo stress e lo stato nutrizionale dei singoli individui. Diversi biomarcatori biologici che influenzano la capacità fecondante degli spermatozoi sono stati identificati negli ultimi decenni. Questi includono marcatori del DNA, proteine, RNA, microRNA e regioni metilate del DNA. Per quest’ultimo aspetto, la metilazione del DNA è uno dei meccanismi epigenetici che modificano l’espressione genica senza cambiare la sequenza del DNA del gene e consiste nell’aggiunta di un gruppo chimico (metile) in punti specifici del DNA. Tale processo avviene sia nelle cellule germinali durante la spermatogenesi che durante lo sviluppo embrionale determinando una globale riorganizzazione del cosiddetto “epigenoma”, di fondamentale importanza per organizzare adeguatamente i complessi meccanismi che regolano l’espressione del DNA.

Su queste basi, sebbene gli studi incentrati sulla relazione tra la fertilità del toro e la metilazione del DNA spermatico siano ancora limitati, la ricerca epigenetica sul materiale seminale si sta dimostrando un promettente strumento per contribuire alla comprensione dei molteplici effetti dello spermatozoo negli eventi fecondativi e per poter individuare nuovi parametri predittivi della fertilità maschile.

Tra i più promettenti, alcuni studi statunitensi condotti presso l’università del Wisconsin (Madison) hanno mostrato che il DNA nel materiale seminale di tori a bassa fertilità definita secondo il “Sire Conception Rate” (SCR), aveva un minor tasso di metilazione rispetto a quello dei tori ad alta fertilità e  anche ricerche condotte su tori di razza Japanese Black bulls hanno messo in evidenza associazioni significative fra regioni differenzialmente metilate e fertilità utilizzando lo stesso indicatore SCR della fertilità stimata in vivo. Analogamente, ulteriori studi condotti in Europa hanno evidenziato sostanziali relazioni tra il livello di metilazione del DNA con la motilità spermatica, con funzionalità di geni coinvolti nell’organizzazione della struttura della cromatina spermatica, nella spermatogenesi e nello sviluppo embrionale.

Questi sono alcuni dei risultati ottenuti da progetti di ricerca ed ulteriori approfondimenti in questa direzione potranno consentire la valutazione della qualità epigenetica del materiale seminale sulla base della quale ipotizzare nuovi riferimenti nella valutazione della fertilità nei bovini.

La salvaguardia e il miglioramento della fertilità dei tori in campo da una parte e la garanzia della qualità del seme prodotto e distribuito negli allevamenti sono fattori importanti per il futuro della zootecnia.