a cura di: Dipartimento di Scienze animali, della nutrizione e degli alimenti – DIANA – Università Cattolica del Sacro Cuore – Piacenza
Il termine acquacoltura si riferisce alla pratica della coltivazione controllata o all’allevamento di pesci, molluschi e piante acquatiche. L’obiettivo principale è quello di fornire una fonte sostenibile di alimenti e prodotti commerciali derivati da organismi acquatici, sia di acqua dolce che salata, al fine di aumentare la disponibilità di tali risorse e ridurre i danni ambientali associati alla pesca industriale, oltre a limitare lo sfruttamento eccessivo delle varie specie acquatiche.
Secondo le stime della FAO, considerando le proiezioni di crescita della popolazione mondiale, sarà necessario un aumento di almeno 40 milioni di tonnellate di prodotti ittici all’anno entro il 2030 per mantenere il consumo pro capite annuo mondiale attuale. In questo contesto, l’acquacoltura viene identificata dalla FAO come una fondamentale opportunità per soddisfare le esigenze alimentari della popolazione mondiale in crescita, specialmente considerando la crisi degli stock ittici sovrasfruttati a causa di decenni di pesca eccessiva. Tuttavia, per rendere l’acquacoltura una pratica veramente sostenibile e una valida alternativa allo sfruttamento delle popolazioni ittiche selvatiche, sono necessari alcuni cambiamenti nella gestione degli impianti.
Come migliorare la sostenibilità ambientale degli impianti?
Uno degli aspetti cruciali della sostenibilità dell’acquacoltura riguarda l’approvvigionamento di mangimi formulati, che tradizionalmente utilizzano fonti proteiche e lipidiche di origine marina, come farine e oli di pesce, poiché le specie allevate in Italia e in Europa sono principalmente carnivore. Per ridurre l’impatto sulle specie ittiche marine, è necessario individuare alternative alle fonti proteiche da utilizzare nei mangimi.
Un’alternativa sono le fonti proteiche e lipidiche di origine vegetale. Queste permettono di ridurre la dipendenza dalle fonti marine mantenendo la produttività e la qualità dei prodotti di acquacoltura, noti per il loro alto contenuto di acidi grassi omega-3, considerati “superfood”. Tuttavia, l’uso di queste fonti vegetali presenta problematiche etiche e ambientali legate alla competizione tra mangimi animali e alimentazione umana. Per questo motivo, per migliorare la sostenibilità dell’acquacoltura, si stanno esaminando nuovi ingredienti derivati dagli scarti dell’industria alimentare, adottando principi di economia circolare, e l’uso di farine di insetti, una fonte proteica alternativa e ricca di nutrienti.
Un altro aspetto cruciale riguarda l’impatto ambientale legato all’uso e all’inquinamento dell’acqua negli allevamenti, specialmente per quelli a terra. Le acque reflue devono essere trattate opportunamente prima di essere reimmesse nei corpi idrici naturali per contenere il rischio di eutrofizzazione delle acque sotterranee e dei bacini idrici. Per ridurre l’inquinamento delle acque reflue si stanno sviluppando sistemi di acquacoltura integrata, come l’Acquacoltura Multi-Trofica Integrata (IMTA), che prevede la coltivazione di diverse specie sfruttando la stessa fonte d’acqua. In questo sistema, diverse specie con ruoli trofici complementari, come invertebrati (bivalvi o crostacei) e macroalghe, contribuiscono al riciclo delle sostanze di scarto derivanti dall’allevamento ittico, riducendo l’inquinamento e limitando la necessità di cambiare continuamente l’acqua negli impianti.
Miglioramento genetico e sostenibilità
In acquacoltura i programmi di miglioramento genetico sono applicati meno frequentemente rispetto alla zootecnia terrestre, nonostante questi abbiano la potenzialità di esercitare un impatto estremamente positivo sulle produzioni acquatiche.
I programmi di selezione mirano a identificare individui che presentano varianti genetiche vantaggiose, come resistenza alle malattie, crescita accelerata, maggiore prolificità e migliore adattamento ambientale. Esistono programmi di selezione genetica di successo nelle specie allevate in acquacoltura, in particolare per i salmonidi e ancora più in particolare per il Salmone atlantico. In questa specie sono in corso sia programmi di miglioramento genetico tradizionali, basati su metodi di genetica quantitativa, sia programmi più avanzati, che utilizzano le informazioni genomiche. Ciò è possibile perché l’impatto economico dell’allevamento dei salmonidi ha permesso di investire risorse per lo sviluppo di strumenti per lo studio sistematico del genoma di queste specie. Per molte altre i programmi di miglioramento non sono in corso oppure sono ancora in fase sperimentale e mancano ancora di strumenti genomici appropriati. Ciò è spesso dovuto alla complessità dell’allevamento e in particolare alla difficoltà di comprendere e controllare il ciclo produttivo in cattività. Inoltre, a volte la mancanza di adeguate pratiche per il mantenimento della variabilità genetica dei riproduttori ha portato al deterioramento degli stock, causata da depressione da inincrocio.
Tuttavia, ci sono esempi promettenti di successo nel miglioramento genetico delle specie ittiche. Ad esempio, i ricercatori dell’Università dell’Idaho hanno implementato un programma di selezione familiare sulla trota iridea, ottenendo ceppi con caratteristiche desiderabili, come un tasso di crescita elevato con una dieta a base vegetale. Questi ceppi mostrano anche una maggiore resistenza a patogeni e malattie, oltre a differenze morfologiche intestinali. La selezione di tali ceppi non solo contribuisce a una maggiore sostenibilità ambientale riducendo la dipendenza dai mangimi a base di pesce, ma anche a una diminuzione dei problemi legati alle malattie nei sistemi di allevamento, che rappresentano una delle principali cause di mortalità.
Quali prospettive?
L’integrazione di nuovi sistemi e tecnologie di produzione, supportati dalla selezione genetica mirata dei riproduttori, costituisce un potente strumento con potenzialità rivoluzionarie nel superare le sfide che limitano la crescita sostenibile dell’acquacoltura. Queste sfide includono le patologie infettive, la sostenibilità e i costi variabili delle materie prime utilizzate per la produzione dei mangimi, la qualità dell’ambiente, la disponibilità di acqua e i cambiamenti climatici globali. In definitiva, l’integrazione di nuove tecnologie e la selezione genetica mirata rappresentano un passo significativo verso una crescita più sostenibile e resiliente dell’acquacoltura, affrontando in modo proattivo le sfide attuali e preparando il settore per un futuro più promettente e sostenibile.