20 Settembre 2022

Home » Notizie » Benessere Animale » L’importanza del miglioramento genetico in zootecnia

L’importanza del miglioramento genetico in zootecnia

AIA

Il miglioramento genetico degli animali di interesse zootecnico è la tecnica che consente l’aumento delle prestazioni produttive e riproduttive degli animali attraverso la valutazione e la conseguente scelta dei riproduttori. Il processo di scelta viene definito selezione genetica e viene effettuato in base al valore genetico dei riproduttori espresso dagli Indici Genetici. La selezione genetica può essere considerata una delle tecniche di produzione a disposizione dell’allevatore al pari dell’alimentazione, della mungitura, della riproduzione, dell’allevamento del giovane bestiame e della stabulazione.

Tuttavia, rispetto a queste, il miglioramento genetico genera miglioramenti permanenti della produttività ed esula dagli stretti interessi aziendali per coinvolgere una parte molto ampia della popolazione o l’intero patrimonio di una razza. Per questo aspetto generale, il miglioramento genetico richiede una gestione organizzativa diffusa, in grado di ottenere informazioni su una intera popolazione, richiede omogeneità di rilevamento del dato e una elevata attendibilità.

Il progresso genetico conseguito dalle razze italiane ad interesse zootecnico ha consentito nel tempo di ottenere produzioni migliori sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.

La genetica, soprattutto grazie alle recenti tecniche genomiche di analisi del DNA, consente di caratterizzare la qualità delle materie prime i cui effetti sono significativi, ad esempio, sulla resa di alcuni formaggi o prosciutti tipici economicamente importanti nel sistema delle produzioni animali Italiane. In Italia, in virtù dell’associazione esistente tra prodotto-formaggio e caratteristiche genetiche associate alle razze delle vacche che producono materia prima, si opera, per alcune razze, una selezione indirizzata al prodotto.

Ne sono esempio la razza Valdostana per la produzione di Fontina DOP e la bufala Mediterranea per la produzione di Mozzarella di bufala campana DOP. Analogamente, le razze suine italiane selezionate per le produzioni tipiche producono carni con caratteristiche tecnologiche e organolettiche superiori alle razze cosmopolite selezionate prevalentemente per la produttività. La selezione genetica ha il compito di preservare quelle caratteristiche uniche di alcune razze e, contemporaneamente, migliorarne alcuni aspetti.

Gli indici genetici sono calcolati sulla base della registrazione delle genealogie, degli accertamenti di parentela effettuati con l’analisi del DNA e della misurazione delle performance produttive, riproduttive e sanitarie. Oggi, in alcuni casi, tale selezione è rafforzata dai più innovativi strumenti messi a disposizione dalla genomica.

Una volta messe assieme tutte le informazioni ed elaborate con diversi modelli di calcolo, ad ogni animale viene associato un Indice Genetico che esprime in modo sintetico la capacità di quell’animale di generare una progenie portatrice dei caratteri che sono stati individuare dagli enti selezionatori nei propri indirizzi di selezione. Più un riproduttore ha figlie o figli sui quali sia stato possibile misurare i vari caratteri, ossia man mano che si è potuto osservare se effettivamente quel riproduttore sia stato in grado di trasmettere alla propria progenie i suoi caratteri miglioratori, più l’indice genetico dell’animale è attendibile.

Questo processo viene fatto attraverso le prove di progenie, il performance test e, per i suini, il sib test. Sono gli strumenti principali per la stima del valore genetico dei riproduttori in selezione. Il progeny test si basa su prove comparative di campo finalizzate a realizzare il confronto tra contemporanee in allevamenti diversi (differenti condizioni gestionali e climatiche) delle figlie di un dato riproduttore da testare. Il performance test stima il valore genetico del riproduttore sulla base delle sue performance produttive, legate a caratteri molto ereditabili. Si esegue rilevando i dati fenotipici (ad esempio accrescimenti ponderali, indici di conversione alimentare etc) di un certo numero di soggetti della stessa età, scelti secondo i criteri di selezione programmata ed allevati nelle medesime condizioni ambientali. Il sib test stima il valore genetico del riproduttore sulla base delle performance produttive di suoi fratelli pieni (stessa madre e stesso padre) allevati in condizioni controllate. Queste ultime due prove vengono effettuate all’interno dei centri genetici.

La genomica consente di “guardare” dentro i geni di un animale e verificare in modo più diretto se effettivamente un animale sia portatore o meno di alcuni caratteri miglioratori. Può essere utilizzata anche per eradicare malformazioni o malattie cercando di individuare invece i riproduttori portatori di caratteri indesiderati. L’utilizzo della genomica consente di accelerare notevolmente il progresso genetico perché riduce l’intervallo di generazione e consente una più rapida scelta dei riproduttori.

Il miglioramento genetico italiano, fortemente legato alla caratterizzazione delle produzioni zootecniche, ha reso possibile una forte integrazione nella filiera agroalimentare del sistema produttivo italiano.

La selezione italiana, fino all’entrata in vigore della legge 52 del 2018, era gestita in modo uniforme su tutto il territorio dal Sistema Allevatori. All’inizio, parliamo del 1944, l’obiettivo era di far rinascere la zootecnia nazionale devastata dal secondo conflitto mondiale. Il Sistema Allevatori, quindi, era al servizio della selezione di riproduttori che garantissero un miglioramento della quantità prodotta da ciascun capo per aiutare gli imprenditori agricoli a contenere i costi di produzione e soddisfare la richiesta di alimenti per una popolazione in ripresa.

Con il passare del tempo il sistema ha cambiato obiettivi di selezione sempre per soddisfare le richieste di gestione degli allevamenti, piuttosto che di miglioramento della qualità del latte. La selezione del futuro sarà indirizzata alla ricerca di riproduttori che possano generare discendenti con una efficienza digestiva migliore in modo da liberare una minore quantità di gas serra o che siano più resistenti ad alcune malattie in modo da ricorrere sempre meno ai farmaci.

Siamo arrivati ora ad un punto in cui le richieste sono molto più complesse, globali e impegnative e vanno oltre la selezione: la selezione è chiamata a garantire e certificare che il processo produttivo dell’impresa zootecnica sia sostenibile ed etico, a interagire con le altre banche dati nazionali zootecniche per garantire la tracciabilità e la trasparenza verso la pubblica amministrazione e il consumatore, infine a promuovere un avanzamento culturale degli allevatori che accolga le esigenze della società come completamento della loro attività.

La sfida è far capire alla società che l’obiettivo del benessere e del rispetto del diritto degli animali ad esprimere al meglio il loro naturale comportamento è comune all’allevatore e al consumatore. Sono condizioni che portano infatti ad un miglioramento delle prestazioni produttive, riproduttive e sanitarie.

Un concetto fondamentale da condividere è che il benessere, oltre ad essere un fattore etico, è anche un requisito della produzione. Un animale che soffre sia fisicamente che psicologicamente non sarà in grado di manifestare completamente il suo potenziale produttivo e soprattutto avrà una fertilità, una salute e una longevità non ottimali.