10 Settembre 2022

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Micotossine, il nemico nascosto

IZSUM

Le micotossine sono sostanze tossiche derivanti dal metabolismo secondario di vari tipi di miceti filamentosi. Sono sostanze organiche con basso peso molecolare e scarsa capacità immunogena. Sono largamente diffuse in ampie regioni del globo, seppur predominanti in quei territori con climi tropicali e/o sub-tropicali, dove le condizioni ambientali favoriscono lo sviluppo di miceti. Le principali specie micotiche, produttrici di tossine, appartengono ai generi Aspergillus, Penicillium, Fusarium, Claviceps, Alternaria, Pithomyces, Mirothecium, Stachibotrys e Phoma.

Lo sviluppo di miceti (o muffe) è favorito da particolari condizioni di umidità e di temperatura. Ad oggi si conoscono oltre cento specie diverse di muffe in grado di produrre, nel loro complesso, più di cinquecento tossine. Le più importanti vengono suddivise in tre gruppi:

  1. Aflatossine, prodotte da miceti appartenenti al genere Aspergillus (come A. flavus e A. parasiticus);
  2. Ocratossine prodotte da ceppi appartenenti ai generi Aspergillus e Penicillium;
  3. Fusariotossine (Tricoteceni, Zearalenone e Fumonisine) prodotte da specie diverse del genere Fusarium.

Qualora ingerite, le micotossine sono in grado di produrre gravi effetti sullo stato sanitario dell’uomo e degli animali, effetti che, per ciò che concerne gli animali si ripercuotono inevitabilmente sugli aspetti produttivi e commerciali. Oltre a manifestazioni meno tossiche, l’ingestione di micotossine compromette lo stato sanitario e riproduttivo a causa delle loro proprietà anaboliche, estrogeniche, carcinogene, mutagene e teratogene.

Il danno più grave pertanto non è rappresentato dal loro potenziale effetto letale, ma piuttosto dalla sensibile riduzione della performance produttiva ottimale a livello di differenti organi e/o apparati. Le diverse manifestazioni patologiche indotte dalle micotossine sono dovute alla loro specifica costituzione chimica e variano in relazione ai quantitativi ingeriti, alla specie animale colpita, alla razza, al sesso, all’età, ai fattori ambientali, allo stato nutrizionale degli animali e alla concomitante presenza di altre sostanze chimiche.

Le micotossicosi possono avere manifestazioni cliniche acute, sub-acute e/o croniche. Talora la sintomatologia clinica può essere confusa con altre patologie o con carenze nutrizionali. Le manifestazioni acute si possono avere quando l’ingestione di tali sostanze varia da dosi moderate a dosi elevate. In questo caso la sintomatologia clinica può acquisire delle caratteristiche ben specifiche e definite, in relazione al tipo di micotossina ingerita, alla sensibilità di specie, alle condizioni di salute dell’animale, all’interazione con altri fattori. Ogni micotossina è in grado di provocare lesioni peculiari con una “specifica” manifestazione clinica. Tuttavia, nella maggioranza dei casi, si evidenziano alterazioni epatiche, alterazioni della coagulazione del sangue, nefropatie, necrosi della mucosa dell’apparato digerente ed in parecchi casi anche la morte dell’animale.

Le manifestazioni croniche si hanno quando vengono ingerite dosi di tossina piccole o moderate. In questi casi sono assenti le manifestazioni cliniche dell’intossicazione acuta, tuttavia l’aspetto produttivo viene fortemente compromesso. Si potrà avere, infatti, una diminuzione dell’efficienza riproduttiva, un peggioramento dell’indice di conversione alimentare, (ICA), una riduzione dell’incremento medio ponderale giornaliero (IMPG) con conseguente, sensibile, ritardo nella crescita. Queste problematiche possono essere evidenziate solo attraverso una analisi dettagliata delle performance produttive di allevamento, l’addestramento del personale ed il controllo laboratoristico atto a svelare la presenza di micotossine negli alimenti consumati in allevamento.

Uno dei problemi più importanti causati dalle micotossine nell’intossicazione cronica, è lo stato di immunodepressione che predispone l’individuo ad essere affetto da problematiche sanitarie causate anche da microrganismi tendenzialmente poco patogeni. Questo stato immunitario compromesso va ad influenzare, a volte anche pesantemente, la risposta immunitaria alle eventuali vaccinazioni cui l’animale viene sottoposto. Ad oggi, esistono ancora pochi dati statistici relativi all’incidenza delle micotossicosi. Tuttavia, è ormai conoscenza consolidata che “il pericolo nascosto” (vale a dire l’intossicazione cronica da micotossine) sia responsabile di ingenti perdite economiche nel settore zootecnico.

I risultati delle analisi di laboratorio effettuate negli ultimi 15 anni indicano che la contaminazione da aflatossine sia quella maggiormente presente, soprattutto nei paesi con climi caldo-umidi. Tuttavia le metodiche analitiche per altre micotossine (Ocratossina A, T-2, Fumonisina, ecc.) sono limitate e, di conseguenza, la prevalente contaminazione da aflatossine potrebbe non essere aderente al vero. Tra tutte le specie zootecniche, la specie suina è quella con le manifestazioni cliniche più evidenti. La diagnosi di intossicazione da micotossine si basa sull’osservazione della sintomatologia clinica, delle eventuali lesioni anatomopatologiche rilevate sui capi morti, sull’analisi ambientale e quella anamnestica relativa all’origine dell’alimento.

Si consiglia di analizzare, seppur saltuariamente, le derrate alimentari e/o il mangime finito utilizzato per gli animali. Semplici test di laboratorio (ELISA) e/o tecniche più raffinate e costose (HPLC) possono essere di grandissimo aiuto nell’identificare e quantificare l’eventuale presenza di tossine nei prodotti destinati all’alimentazione degli animali, al fine di prevenirne e/o mitigarne le conseguenze negative. Il trattamento dell’intossicazione da micotossine rappresenta per il Medico Veterinario clinico una delle più grandi sfide professionali. La rimozione dell’alimento contaminato dalla dieta degli animali costituisce la prima misura da adottare. La tempestività di questa scelta influenza pesantemente la prognosi. Sebbene, non vi siano evidenze scientifiche importanti al riguardo, sembrerebbe che l’aggiunta di una integrazione con aminoacidi solforati alla dieta possa mitigare gli effetti indotti dalla presenza delle micotossine.

L’inclusione di additivi e/o sequestranti di tali sostanze hanno dato risultanti incoraggianti ma non ancora decisivi. La misura profilattica principale, tuttavia, è rappresentata dalla raccolta e manipolazione della produzione agricola con tempistiche e tecniche che rendano più difficile lo sviluppo di miceti, vale a dire: raccogliere i cereali subito dopo il raggiungimento della maturità fisiologica, conservarli al riparo da variazioni climatiche considerevoli, essiccarli e stoccarli in granai adeguati, cereale per cereale e/o loro derivato.

La conoscenza relativa alla fisiologia di certi miceti e alla produzione di micotossine è ancora insufficiente, così come tutte le problematiche in fase di conservazione. In questo scenario diventa, quindi, importante la scelta del giusto tipo di cereale da coltivare. Cereale che deve avere un certo grado di resistenza allo sviluppo fungineo e quindi essere meno soggetto a contaminazioni da micotossine. A questo proposito sembra che partite di mais con elevate concentrazioni di acido linoleico possano essere meno aggredibili da parte di miceti del genere Aspergillus. Anche l’utilizzo di acidi organici può essere di aiuto nella conservazione di derrate a rischio.