27 Febbraio 2023

Home » Notizie » Biodiversità » La tracciabilità genetica delle produzioni zootecniche

La tracciabilità genetica delle produzioni zootecniche

a cura di: Università degli Studi di Palermo – Dipartimento Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali (SAAF)

Tra le produzioni agroalimentari di qualità, le produzioni zootecniche sono certamente quelle che rivestono un ruolo di primaria importanza, sia per il volume di affari dell’indotto cui sono relegate, sia in termini di impegno ed impiego di risorse per la loro produzione. Il loro primato economico è indubbiamente il movente principale di fenomeni fraudolenti, come quello dell’Italian sounding o delle frodi agroalimentari nell’ambito dei procedimenti di trasformazione, che minacciano le produzioni certificate.

Nel sistema di tracciabilità tradizionale definito come “la capacità di stabilire la storia del processo di origine, l’uso e la provenienza di un prodotto mediante riferimento a documenti scritti” (ISO, 1994), un limite è spesso rappresentato proprio dall’impossibilità di autenticazione della produzione, se non su base documentale (quando non falsificata): per questa ragione la tracciabilità genetica è uno degli strumenti che oggigiorno risulta sempre più importante nell’ambito dell’autenticazione e tutela delle produzioni zootecniche di qualità, nell’interesse di produttori e consumatori.

Il sistema di tracciabilità genetica ci permette infatti di discriminare mediante marcatori molecolari la presenza/assenza nel prodotto di componenti appartenenti a specie o a razze diverse rispetto a quelle previste dal disciplinare di produzione, o rispetto a quanto dichiarato in etichetta.

Il sistema di tracciabilità genetica per le produzioni zootecniche è basato nell’identificazione genetica contestuale degli animali e delle loro produzioni; ovvero fonda la propria sussistenza sulle caratteristiche del DNA note a tutti: i) è inalterabile durante tutta la vita dell’animale; ii) è stabile durante i processi di trasformazione agroalimentare ed è rilevabile nei prodotti di origine animale; iii) è presente in tutte le cellule dell’animale, anche nelle cellule somatiche del latte; iv) contiene tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno per discriminare diversi soggetti, popolazioni, razze o specie.

Questo tipo di tracciabilità può risultare uno dei pochi in grado di rilevare le frodi per le produzioni casearie di qualità mono-razza, come a titolo esemplificativo il Parmigiano Reggiano Vacche Rosse, realizzato con latte di sola Reggiana, o la Vastedda della Valle del Belìce DOP realizzato con latte di sola Valle del Belìce, nelle cui fasi operative di trasformazione la matrice di partenza potrebbe essere facilmente alterata attraverso il “taglio” con altro latte proveniente da allevamenti di altre razze, o addirittura specie, che da disciplinare non potrebbero contribuire alla produzione di quello specifico formaggio certificato.

Proprio in questi giorni sempre più significativa è la minaccia di adulterazione per le produzioni citate, per via del consistente incremento del prezzo del latte, che indirizza sempre più gli allevatori verso la conversione dei propri allevamenti da razze locali a razze cosmopolite specializzate per la produzione di latte, a discapito delle razze locali: ciò oltretutto incrementa l’offerta di latte sul mercato, minacciando seriamente l’autenticità di produzioni importanti come quelle citate.

La problematica può senza dubbio essere superata dal sistema di tracciabilità genetica, attraverso l’individuazione di marker in grado di permetterci di rilevare le adulterazioni. Tra i tanti marcatori molecolari utilizzabili per lo studio del DNA, quelli generalmente impiegati per la messa a punto di sistemi di tracciabilità genetica sono gli SNPs (Single Nucleotide Polimorphism), ovvero delle sostituzioni puntiforme di singoli nucleotidi con posizioni ben definite nel genoma, e mappati con densità diverse per le varie specie studiate. Generalmente si predilige il loro impiego rispetto ad altre tecnologie, proprio per via della loro alta densità e diffusione nell’intero genoma animale, oltre che per la precisione, mole di informazioni e semplicità d’utilizzo dei sistemi ad alta processività che vanno sotto il nome di Next Generation Sequencing (NGS), messi a punto da aziende specializzate che predispongono dei chip con tutti i marker già mappati.

In genere vengono utilizzati dei marker su cui vi sono evidenze scientifiche di validità, con regole di discriminazione statistica validate sperimentalmente con caseificazioni sperimentali a diversi livelli di adulterazione.

In virtù di queste caratteristiche, è stato condotto uno studio per identificare dei marcatori SNPs in grado di discriminare possibili adulterazioni nei formaggi di razza Valle del Belìce DOP, sia in termini di presenza/assenza di adulterazioni che di livello percentuale di adulterazione, per validare sperimentalmente un sistema di tracciabilità genetica per autenticare la produzione mono-razza di qualità. I risultati hanno permesso di definire una regola di discriminazione e un panel di SNPs utili a discriminare la presenza di adulterazioni nella Vastedda della Valle del Belìce DOP, con un sistema statistico in grado di permetterci altresì di definire con buona approssimazione il livello percentuale di adulterazione.